Chi va piano va sano e nonostante tutto va lontano
La lunga cavalcata nel circuito festivaliero internazionale, costellata dalla vittoria di importanti riconoscimenti come il Cristal Award all’Annecy International Animated Film Festival 2024, che ha visto protagonista Memoir of a Snail nell’arco dell’intero anno solare non poteva passare inosservata tra gli addetti ai lavori, tanto da valere una meritatissima candidatura al Golden Globe per il miglior film d’animazione, che nella stragrande maggioranza dei casi anticipa di qualche settimana quella altrettanto ambita all’Oscar di categoria. Staremo a vedere cosa il 2025 regalerà al nuovo folgorante lungometraggio di Adam Elliot, che il pubblico nostrano ha potuto finalmente vedere sul grande schermo grazie al Sottodiciotto Film Festival & Campus. Ed è proprio durante la proiezione alla 25esima edizione della kermesse torinese che abbiamo ammirato e apprezzato la seconda fatica sulla lunga distanza del pluridecorato regista australiano, già vincitore della prestigiosa statuetta con il cortometraggio Harvie Krumpet.
Nonostante siano trascorsi diversi anni da Mary and Max, quindici per l’esattezza, la delicatezza narrativa di Elliot e la potenza emotiva delle sue opere non sembrano essere in alcun modo mutate. La visione di Memoir of a Snail ce lo ha confermato, anche se il più recente short dal titolo Ernie Biscuit, in cui raccontava la vita di un imbalsamatore sordo di Parigi, aveva già rassicurato in merito. Eccolo allora confezionare con il suo stile inconfondibile, capace di elevare ancora una volta la stop motion della quale è diventato uno dei massimi esponenti, a qualcosa di più di una mera tecnica. L’ha personalizza, facendola sua al punto da renderlo uno strumento per raccontare storie di natura dolceamara e liberamente ispirate alla sua vita, la sua famiglia e i suoi amici, oltre che alla sua condizione. Elliot soffre infatti di un tremore psicologico ereditario per cui i suoi personaggi nascono da disegni traballanti, con pochissime linee dritte, che diventano la base di miniature di argilla lavorata in maniera artigianale e senza l’uso della CGI. Il tutto ha reso le sue opere e il suo stile riconoscibilissimi sia visivamente che per quanto concerne i contenuti. Memoir of a Snail non fa eccezione, con la storia e le figure che la popolano che ne sono una magnifica e a suo modo poetica espressione. La Grace Pudel, disadattata solitaria con una passione per le lumache ornamentali e i libri, entra di diritto nella preziosa galleria di pezzi unici, volutamente imperfetti e speciali creati dal cineasta nativo di Berwick, nella cui diversità si manifesta la più intima bellezza e ricchezza. La sua esistenza è perseguitata da una serie interminabile di eventi sfortunati che riemergono da flashback e memorie che l’hanno portata, dopo essere stata separata dal suo gemello Gilbert, a cadere in una spirale di ansia. La svolta arriva quando incontrerà Pinky, un’anziana eccentrica e vitale che la aiuterà a trovare speranza e ispirazione mentre impara a navigare tra le imperfezioni della quotidianità.
Memoir of a Snail conferma la grandissima capacità di Elliot di affrontare temi estremamente profondi e complessi (la morte, l’abbandono, il bullismo, la solitudine e la ricerca di identità) con la leggerezza tipica di una favola per bambini e una spensierata ironia, a tratti persino nera. Con questa avvolge e porta avanti una narrazione che arriva ad assumere connotati terapeutici e pedagogici per chi trova nel suo modo di fare e concepire la Settima Arte uno specchio nel quale riflettersi, riflettere e attingere stati d’animo ed emozioni che da astratte diventano vere, genuine e intense.
Francesco Del Grosso