Cecità alla norvegese
Il 22 luglio 2011 un norvegese come tanti ammazzò 77 norvegesi come tanti. Fece tutto da solo, innescando bombe, depistando, giustiziando, arrendendosi a strage compiuta. Quello che restò, come il foro dei proiettili nella pelle dei non più vivi: la visione fondamentalista nazicrista che animava Anders Breivik. Quello che impressionò, come un’invocazione di pietà persa nel vuoto: la civile Norvegia, la placida Norvegia, la glaciale Norvegia non aveva visto per tempo il mostro nero che strisciava sotto la sua pelle. Due giorni dopo la strage, Morrisey, il guru il mito il vate il dio consolatore il terzo occhio Morrisey affermò di provare orrore per la strage, in misura minore rispetto all’orrore per la strage quotidiana di animali perpetrata da McDonalds e Kentucky Fried Chicken (Kentucky Fried Shit, ipso verbo). Dichiarazione che colpì la Norvegia negli occhi. Un vinile di Morrisey solista solo senza gruppo, Bona Drag, contiene la traccia I Am Blind ed è su di una mensola in Blind, film norvegese del 2014, esordio alla regia per Eskil Vogt strapremiato in patria, alla Berlinale, al Sundance, ovunque.
C’è una meravigliosa ragazza cieca, Ellen Dorrit Petersen l’attrice, glaucopide come elfa, lattea quasi albina, nascosta tra gli spazi di un appartamento disadorno simil vuoto, che (non) guarda e ascolta suoni da una finestra, mentre immagina vite possibili dentro traiettorie impercettibili. Il gioco è già visto altrove, è il cinema alla maniera di Spike Jonze, di Charles Kaufman, anche del primo Nolan: realtà che partorisce la fantasia che possiede la realtà, in moto centrifugo dal sesso e centripeto verso la solitudine, dove il non vedente muta continuamente ma resta non visto. Mariti non vedono desideri di mogli, guardoni ninfomaniacali (lampi che guardano a Von Trier) vivono trapassati da sguardi indifferenti visibili come ombre solo nelle celebrazioni della strage, alterego vogliose virtuali sfogano pulsioni di maternità nell’’umiliazione del tradimento e dell’abbandono.
Il disegno è preciso, questi codici di geometria esistenziale potrebbero affascinare se liberamente percepiti nel caos della visione, invece procedono a tentoni su un percorso obbligato, con cane e bastone verrebbe da dire. Le immagini e le vite immaginate restano gravate da una scrittura che vede ma non sente, e siamo a chiederci se tutto questo significhi al di fuori e al di sopra dell’esercizio – pur pregevole – di stile. Daremmo gli occhi per una visione eretica, non sopportiamo invece di rimanere nudi e costretti inani dinanzi ad una finestra chiusa da altri, dobbiamo uscire e quindi lo facciamo tornando a lui, a Morrisey, alla sua I Am Blind.
Yes, I am blind
No, I can’t see
The good things
Just the bad things, oh…
Yes, I am blind
No, I can’t see
There must be something
Horribly wrong with me?
God, come down
If you’re really there
Well, you’re the one who claims to care
Love’s young dream
I’m the one who shopped you
I’m the one who stopped you
‘Cause in my sorry way I love you
Love’s young dream
Are you sorry
For what you’ve done?
Well, you’re not the only one
And in my sorry way I love you
Yes, I am blind
But I do see
Evil people prosper
Over the likes of you and me
Always
God, come down
If you’re really there
Well, you’re the one who claims to care
Little lamb
On a hill
Run fast if you can
Good Christians, they want to kill you
And your life has not even begun !
You’re just like me, you’re just like me
Oh, your life has not even begun !
You’re just like me, you’re just like me
And your life has not even begun !
You’re just like me, just like me
And your life has not even begun !
You’re just like me, you’re just like, just like me
And your life has not even begun !
Dikotomiko
http://dikotomiko.wordpress.com/