Colori primari
C’è il melodramma, ovviamente, con una storia d’amore per buona parte travolgente. Ma anche, nel segmento iniziale, il western, con il Mito simbolico della Frontiera da avvicinare e accorciare attraverso l’avvento del progresso (la ferrovia, nella fattispecie). Ad un certo punto la narrazione assume i toni della classica tragedia greca, per poi sfociare nel thriller al calor bianco. Fino ad una catarsi finale che colpisce tutti i personaggi, nessuno escluso.
Questi e persino altri gli ingredienti di Una folle passione (Serena nel titolo originale, con chiaro riferimento alla protagonista femminile, autentico motore della narrazione), filmone larger than life girato da Susanne Bier in trasferta statunitense. Decisamente troppo per molti, ivi compresi naturalmente gli agguerriti detrattori del cinema della Bier, sempre pronti a rimarcare gli eccessi di un’autrice che in tutta la propria filmografia ha provato a raccontare i rapporti umani da una prospettiva assieme epica e minimalista, cioè filtrata da una quotidianità esemplare. Per certi versi, dunque, Una folle passione potrebbe essere considerato il film che la Bier ha sempre sognato di girare. Una coppia di attori belli, bravi e ormai universalmente noti come Jennifer Lawrence e Bradley Cooper – di nuovo insieme dopo l’interessante Il lato positivo (2012) di David O’Russell – alle prese con una passione irresistibile incastonata negli splendidi paesaggi del North Carolina nel periodo della Grande Depressione. Poi tanti altri personaggi di contorno, ognuno con i suoi segreti e le proprie pulsioni nascoste che la sceneggiatura di Christopher Kyle – il film è tratto dal romanzo omonimo, Serena appunto, di Ron Rash – fa deflagrare al momento più o meno opportuno. Di motivi per perdere il controllo narrativo del film e realizzare un’opera in cui prevalesse in maniera imbarazzante il kitsch ce ne erano insomma a iosa. Al contrario, riguardo a Una folle passione, si può scrivere di pregi e difetti, ma non di fallimento totale. Questo perché la Bier riesce con successo a raggiungere l’essenzialità dei moltissimi generi incrociati dallo script, lavorando sapientemente di cesello senza far andare (troppo) sopra le righe un materiale narrativo già in perenne fibrillazione come quello a disposizione. Il quale, in fondo, non fa altro che ribadire cose già viste al cinema, ovvero la precaria contiguità tra passione incontenibile e degenerazione nella follia; ma in questo specifico caso è il modo, coraggioso e ambizioso oltre ogni dire, in cui ciò accade a fare la differenza.
Ci sono difetti, in Una folle passione. E proprio a causa del suo dna sarebbe stato sorprendente il contrario. Come si evince dalla trama, l’ora e cinquanta di durata comprime in maniera eccessiva i fatti salienti nell’ultima mezz’ora. A partire cioè dall’aborto spontaneo che subisce Serena/Jennifer Lawrence, fatto che conduce il film su territori sin lì del tutto imprevisti e poco prevedibili, con relativa metamorfosi della protagonista da femminista ante litteram a vendicativa Medea. Probabilmente una maggiore lunghezza – se non addirittura un’ipotesi di serializzazione televisiva; ma in quel caso ci sarebbe stata la dolorosa rinuncia all’enfasi da grande schermo – con relativo approfondimento di personaggi, fatti e situazioni avrebbe giovato. Però va riconosciuto alla Bier il non trascurabile merito di aver realizzato un prodotto comunque ammantato di cultura trasversale e dall’atmosfera drammaturgica molto classica – che le prime reazioni negative del pubblico nascano proprio da questo? – senza per tali motivi rinunciare a coinvolgere lo spettatore in una storia che avrebbe potuto benissimo tenerlo a debita distanza. Al contrario, anche se la partecipazione emotiva all’arte in genere è qualcosa di profondamente soggettivo, l’insieme di Una folle passione riesce nell’impresa di mettere in scena l’ennesimo racconto a valenza universale senza annoiare, coniugando in un quadro dal forte impatto visivo Natura sovrana e insopprimibili istinti in tutto e per tutto umani. Con la fondamentale differenza, rispetto a molta altra “letteratura” in materia, di ribadire come il futuro prossimo di chiunque rimanga sempre una questione di scelte, giuste o sbagliate che esse siano, a cui seguono le relative conseguenze. Ed i personaggi di Una folle passione, inseriti in contesti talvolta improbabili, posseggono il grande merito di non tirarsi mai indietro di fronte alle rispettive responsabilità. Una coerenza che, riflettendoci un po’ sopra, ce li fa percepire molto più autentici di quanto possa apparire a un primo sguardo.
Daniele De Angelis