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V/H/S Trilogy

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V/H/S
VOTO: 7.5

Bare di ieri, morti di domani

Lo schermo blu. A scandire i vari capitoli, a porre fine e nuovo inizio, come se Derek Jarman avesse girato Il Cameraman e l’Assassino (ve lo immaginate?). Una scassatissima videocassetta a immortalare scassatissime azioni immorali: d’altra parte c’è bestemmia più grande dell’ammazzare in 4k?

Lo schermo blu. Il triangolo del play che fa azionare il play, ovvero il gioco. I giochi. Tanti giochi, tanti punti di vista, tante possibilità. L’antologia è un formato che sta beneficiando di nuove e grandi attenzioni, alla ricerca di futuri classici a la Incubi Notturni (1945). Un formato che per forza di cose soffre di una continuità narrativa balbettante ed è eccessivamente legato alla qualità dei singoli mattoni autoriali; ma anche un formato che, proprio per la sua molteplicità di occhi e intendere il cinema (horror e non), sa essere termometro migliore di film complessivamente superiori ma troppo fermi nella loro visione ed estetica per potersi guardare altrove.

Nato per volere di Brad Miska, padrino di Bloody Disgusting, il progetto V/H/S ha il pregio di esplorare un sottogenere frainteso annaspante, il found footage, con una realtà a ragione creduta morta, quella appunto del formato vhs. Creando un diacronia voluta con risultati inattesi.

Non che la nostalgia fetish per il passato e la sua tecnologia sia novità, anzi ve n’è un abuso stilistico che sta seriamente rischiando l’inflazione, ma la mossa di V/H/S è, se non vincente, interessante perché non si culla nel passatismo: vuole vedere nel futuro affondando mani e piedi nel passato. Vi riesce e non vi riesce, esulta e inciampa malamente, trova inaspettate delusioni (il corto di Ti West, forse il più grande regista horror americano della nuova generazione, gioca malamente il topos del motel) e bellissimi successi (10/31/98 di Radio Silence, pastiche di haunted house, satanismo e rape and revenge). Anche negli insuccessi, la trilogia cerca strade, a ribadire la grande vivacità di un genere continuamente creduto sul punto dell’autoplagio e parodia, ma che invece sa sempre vedere più in là di qualsiasi altro genere (mettere a fuoco è un altro discorso e non sempre ci riesce).

Nel rapporto più immediatamente riconducibile, quello con la tecnologia, V/H/S sa dare esiti spumeggianti. Non tanto in The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger, giochino sulla comunicabilità Skype in cui anche la sorpresa finale ha il sapore di tautologia, o nella futurologia troppo retrò di Parallel Monsters. Tantomeno nella trama di raccordo di V/H/S: Viral, che mira ad essere Ballard, ma non è nemmeno Craven/Williamson o Charlie Brooker. Nelle interferenze di Tuesday the 17th vi è invece la più perfetta unione, incompatibile ma unica via percorribile, tra passato, presente e futuro. Il killer “invisibile ma percepibile” ci dice che non possiamo concepire nuove realtà se non ci ricordiamo – senza però esserne pedanti vittime – di quello che c’è stato. Con esiti meno entusiasmanti, è lo stesso messaggio alla base di Clinical Trials.

Se vero passatismo celebrativo e nostalgico esiste in V/H/S, si trova in A Ride in the Park, corto presente nel secondo film: vedere Eduardo Sanchez e Gregg Hale, co-regista e produttore di mamma Strega di Blair, fare i ragazzini che giocano con uno zombie in soggettiva, è spasso per chi lo spasso se lo vuole ancora godere.

Riflettore a parte merita Safe Haven, il corto presente nel secondo film e girato dall’indonesiano Timo Tjahjanto e dal gallese Gareth Huw Evans. Senza nulla togliere al talento di quest’ultimo, diventato maestro internazionale di action movie grazie soprattutto ai due film di The Raid, brilla il nome di Tjahjanto, che già aveva entusiasmato e sconvolto il pubblico occidentale con il suo corto presente in The ABCs of Death. Anche stavolta la conturbante, malata bellezza dell’estetica di Tjahjanto spicca sul resto, alla stessa maniera con cui Imprint di Takashi Miike fece tabula rasa delle altre visioni di Masters of Horror. Se nei tre film c’è un corto che può essere considerato senza esitazione una stella e un punto fermo del linguaggio orrorifico degli anni a venire, puntiamo tutte le nostre forze critiche qui.

In conclusione, un punto debole purtroppo difficilmente negabile. Il grosso difetto riscontrabile nella trilogia, è quello di mancare del tutto di un punto di vista femminile. Nessun corto è stato girato da una donna e se qualcuno avanzasse critiche di maschilismo, non avrebbe tutti i torti: la non parca presenza di nudi gratuiti e la rappresentazione della donna nei tre film non brillano per intelligenza e sensibilità. È un divertimento completamente maschile e non fa nulla per nasconderlo. Se V/H/S abbozza possibili futuri dell’horror cinematografico, meglio azionare i due triangolini del rewind e considerare un attimo meglio le profezie del mago videoregistratore. Almeno in questo punto.

COMMENTO ALL’EDIZIONE DVD MIDNIGHT FACTORY

Da quando, lo scorso giugno, ha promesso di deliziarci con “il male fatto bene”, Midnight Factory non ha deluso le attese. La sua promessa e missione è stata un raggio di sole per i fan italiani dell’horror, genere che era giunto a un grado di denigrazione insopportabile e ingiustificabile: praticamente assente nelle sale, se non nelle sue manifestazioni più basse, enormemente zoppicante anche nel mercato home-video, con parziali o addirittura intere filmografie dei maestri della contemporaneità ancora non approdate sul nostro suolo. Qualcosa andava fatto e, per quanto i miracoli non appartengano al nostro mondo, in nemmeno un anno Midnight Factory ha già fatto ben intendere la sua linea di pensiero, muovendosi con lodevole saggezza. Nell’home-video ha subito capito un punto fondamentale che troppe altre realtà nostrane persistono nell’affondare nella cecità, ovvero che prescindere dalla qualità dell’edizione che si va a immettere nel mercato è un suicidio logistico. Ora che il prodotto fisico è sempre più terreno minato di nicchia, affrontare la pirateria o la semplice indifferenza di un utente reso abulico da una fruizione di cinema sempre più dedita al consumo fugace con dvd di mediocre fattura, puntando tutto sul titolo del film, è filosofia del tutto anacronistica. Quindi, aldilà della scelta dei film su cui puntare, Midnight Factory ha da subito prestato cura ai propri prodotti, rendendoli appetibili sia per l’appassionato generalista che per il collezionista.

Presentata in una pregevole slipcase con amaray a ricordare la forma feticistica – per chi l’ha vissuta – della videocassetta, la trilogia di V/H/S vanta la qualità audio/video delle edizioni straniere: BD 50 con aspect ratio 1.78:1 e DTS HD Master Audio sia per la traccia italiana che per quella inglese (quest’ultima visionabile con l’opzione dei sottotitoli italiani).

Il comparto extra, in linea con l’edizione inglese, perde purtroppo il confronto con l’offerta statunitense: molti dei contenuti disponibili sui blu ray USA infatti non sono disponibili nel cofanetto Midnight Factory. Dei tre a soffrirne maggiormente è V/H/S/2, qui omaggiato dal solo trailer, quando nel blu ray Magnolia Pictures gli approfondimenti consistono in commenti, interviste, photogallery e dietro le quinte. La maggior ricchezza dei prodotti homevideo statunitensi, va detto, è una realtà diffusa che vede soccombere spesso i prodotti degli altri Paesi: non si può parlare di negligenza di Midnight Factory.

Ad impreziosire il cofanetto un booklet contenente un breve saggio di Manlio Gomarasca e Davide Pulici, i fondatori di Nocturno.

Trattasi quindi di un altro successo per Midnight Factory, per quanto gli extra non facciano gridare al trionfo.

SPECIFICHE

V/H/S

  • Lingue Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital e Inglese 5.1 Dolby Digital
  • Sottotitoli italiani (sia per il film che per gli extra)
  • Finale alternativo (1’27”)
  • Il volo- dietro le quinte di “Amateur Night” (3’24”)
  • Martedì 17- presentazione dell’omonimo corto (2’31”)
  • Interviste- Joe Swanberg, regista di “The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger”, commenta l’opera con la protagonista Helen Rogers (7’19”) e lo sceneggiatore Simon Barrett (5’41”)
  • Trailer (1’47”)

V/H/S/2

  • Lingue Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital e Inglese 5.1 Dolby Digital
  • Sottotitoli italiani (sia per il film che per gli extra)
  • Trailer (0’47”)

V/H/S: Viral

  • Lingue Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital e Inglese 5.1 Dolby Digital
  • Sottotitoli italiani (sia per il film che per gli extra)
  • Dietro le quinte di “Bonestorm” (5’22”)
  • Speciale Fumo e Specchi – Dietro la magia di “Dante il Grande” (8’11”)
  • “Gorgeous Vortex”- corto di Todd Lincoln originariamente inserito nel film ma poi escluso perché poco in linea col tema dell’opera (14’22”)
  • Trailer (1’41”)

– Booklet con commento critico di Manlio Gomarasca e Davide Pulici, fondatori di Nocturno

 

Riccardo Nuziale

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