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vedete, sono uno di voi

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VOTO: 7.5

Una “preghiera” cinematografica

Probabilmente, solo un uomo e un cineasta come Ermanno Olmi era in grado di restituire un ritratto di Carlo Maria Martini così toccante, umano e spirituale senza scadere nel mito. Questo viaggio parte da una stanza, apparentemente non abitata, ma di cui si coglierà il valore passo dopo passo. Bastano queste prime inquadrature, di una stanza semplice a cui si aggiungerà la natura, per iniziare a coinvolgere lo spettatore. Il resto lo fa la voce narrante di Olmi, che si “confonde” ponendosi a completo servizio di quella del cardinale.
«Vedete, sono uno di voi e come voi cerco di pensare a quando mi mancheranno le forze», una frase programmatica, ma così profondamente vera che ha permesso di avvicinarlo agli ascoltatori di allora e a chi l’accoglie oggi, attraverso questo documentario.
Con tatto e finezza di sguardo, Olmi ripercorre la storia personale di Martini, intrecciandola con i suoi pensieri, ritenuti “laici” per le cariche che ha ricoperto. Il bello di quest’uomo religioso e, di conseguenza, punto di forza di vedete, sono uno di voi è il suo indirizzarsi a tutti, a tutti noi appunto, senza pensare di intercettare soltanto i credenti.
La storia personale di Martini si intreccia con la Storia con la “S” maiuscola (a partire dal periodo della Seconda Guerra Mondiale), ne viene condizionato e soprattutto, se c’è un aspetto, tra i tanti, che colpisce è il suo imparare ad ascoltare gli altri, il prossimo, lui che era abituato a essere un religioso con le “sudate carte”.
Olmi entra in punta di piedi in questa vita e in quella stanza, che verso la fine scopriremo cosa sia stata. vedete, sono uno di voi racconta tanto di Milano, riuscendo a commuovere anche chi ha scelto questa città per viverci senza esservi nato. Bastano soltanto le immagini di Piazza Fontana e la reazione di Martini a quel terrore che sempre più penetrava nella vita quotidiana negli anni critici, a mostrare un servo di Dio nel suo smarrimento (nell’accezione positiva), quello stesso smarrimento che viveva la gente attorno a lui. É, appunto con la nomina ad arcivescovo di Milano (1979) che il religioso muta, sviluppando una luce umana nuova, in linea coi tempi e con le persone, non più chiuso tra le mura di una biblioteca. S’impasta con le periferie, con gli ultimi nelle carceri e tutto ciò accade spontaneamente. «Avevo fatto a Martini la prima intervista per Rai Uno, subito dopo la nomina, mi mise in imbarazzo per come ascoltava», ha dichiarato il regista di torneranno i prati durante la conferenza stampa milanese. Bisogna saper “sostenere” lo sguardo di chi ti ascolta, anche perché non si è più abituati – ci sentiamo di aggiungere noi. Martini ha fatto sempre qualcosa che lo facesse crescere e ha capito che essere uomo dei passi sulle strade dell’umanità era più importante».
Il film di Olmi, scritto con Marco Garzonio, lo fa rivivere grazie alle foto, alle immagini di repertorio e alle sue parole. Chi meglio di lui per raccontare se stesso, chi meglio di un maestro come Olmi, capace di mettere in quadro un vuoto, per ricordarlo.

Maria Lucia Tangorra

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