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Una doppia verità

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VOTO: 5

Everybody Lies

Il 30 ottobre 1974 George Foreman affronta Muhammad Alì in un incontro di pugilato a Kinshasa. La sfida tra i due campioni dei pesi massimi, ribattezzata “The Rumble In the Jungle”, si conclude con la vittoria di Alì all’ottavo round per k.o. dell’avversario, dopo aver incassato per sette riprese i pugni di Foreman.
In Una Doppia Verità “La Rissa nella Giungla” ispira l’oratoria di Richard Ramsey (Keanu Reeves), avvocato del giovane Mike Lessiter (Gabriel Basso), accusato di aver ucciso il padre Boone (Jim Belushi). Nel film di Courtney Hunt il ring si trasforma in tribunale, ma la regista non riesce a riproporre la dimensione epica dello storico combattimento tra i pugili, favorendo così la costruzione di un legal thriller in cui fascino e tensione sono assenti.
Se la voce fuori campo di Keanu Reeves rivela i tratti noir di una sceneggiatura alla Perry Mason o nello stile di Law and Order, la macchina da presa evita di inquadrare un’irriconoscibile e inespressiva Renèe Zellweger, interprete della vedova Lorette, a cui Ramsey ha promesso di difendere Mike in onore della loro amicizia.
Secondo l’abile e cinico avvocato, “tutti mentono” ed è questa l’unica verità attorno a cui ruota la strategia legale di Ramsey e l’impianto narrativo del film, diviso tra le testimonianze pronunciate nella claustrofobica aula e i flashback rivelatori. Un meccanismo che lentamente porta a galla anche le incomprensioni, gli attriti e le violenze di una famiglia dell’upper class in cui il parricidio potrebbe avere, dopotutto, una valida giustificazione.
Mike non parla dal giorno dell’assassinio e decide di rimanere in silenzio anche durante il processo, complicando ulteriormente il lavoro dell’avvocato, costretto a incassare i colpi inferti dall’accusa. Intanto l’occhio vigile di Janelle Brady (Gugu Mbatha-Raw), giovane assistente di Ramsey e figlia di un pezzo grosso del foro, interpreta i movimenti del corpo dei testimoni, smascherando a porte chiuse le loro menzogne, volte a tutelare la reputazione, a evitare coinvolgimenti personali e a non subire umiliazioni. Anche Janelle ha alcuni scheletri nell’armadio e nonostante l’importanza “morale” del personaggio, lo script di Nicholas Kazan non lo approfondisce e lo riduce a uno dei tanti pezzi che compongono lo sbiadito mosaico.
Sebbene Keanu Reeves possa ricordare il Kevin Lomax de L’avvocato del Diavolo, Ramsey non ha gelatina sui capelli. Una doppia verità è una pellicola talmente scarna che le uniche boccate d’aria concesse nell’asfissiante e afosa New Orleans sono le convincenti morbosità del personaggio interpretato da Jim Belushi, le cui sfumature assottigliano il fragile filo della verità.
La scelta di dilatare i tempi della storia e andare così controcorrente rispetto all’adrenalina insita nella maggior parte degli ambush crime dà vita a un debole procedural movie di stampo televisivo, visivamente scialbo e dalla sceneggiatura ridotta all’osso.
Nemmeno il colpo di scena finale riesce a risollevare le sorti di un prodotto di genere che, reggendosi sulla doppia natura dei personaggi, avrebbe potuto osare di più e coinvolgere maggiormente il pubblico.

Andrea El Sabi

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