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Un paese quasi perfetto

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VOTO: 6

Un remake quasi perfetto

Con Un paese quasi perfetto, è il caso di dirlo, abbiamo a che fare con un remake perfettamente riuscito: partendo da La grande seduzione, una pellicola canadese del 2003 che narra le vicende di un gruppo di pescatori di un piccolo paese dello stato nordamericano, ci spostiamo nel profondo sud dell’Italia, nel bel mezzo delle Dolomiti Lucane, in un piccolo borgo di appena 120 abitanti, un luogo di fantasia cui Gaudioso, regista della divertente pellicola, ha dato il nome Pietramezzana. È qui che si svolge la vicenda di Domenico (Silvio Orlando), Nicola (Carlo Buccirosso) e Michele (Nando Paone), tre amici che versano in condizioni piuttosto disperate, poiché il loro paesino sta lentamente scomparendo davanti ai loro occhi a causa della disoccupazione, che porta i giovani a cercare fortuna altrove e gli abitanti rimasti a vivere sovvenzionati dallo stato. I disgraziati residenti del piccolo centro farebbero di tutto per tornare a lavorare e riprendersi la propria dignità, perciò quando vedono profilarsi la possibilità di apertura di una fabbrica, si ingegnano in stratagemmi buffi e piuttosto puerili affinché ciò si realizzi. Conditio sine qua non per far vivere una fabbrica in qualunque luogo, è la presenza di un medico che vi risieda in pianta stabile. Sarà il dottor Terragni (Fabio Volo) il fortunato candidato al posto; ma si dà il caso che Terragni sia un affermato chirurgo milanese di quelli della peggio specie: mondano, amante degli sport di nicchia come il cricket, superficiale e di indole piuttosto snob. Niente a che vedere con gli abitanti di Pietramezzana, sicuramente un po’ cialtroni, ma dall’animo sensibile e genuino, abituati alle cose semplici e completamente ignoranti rispetto tutto ciò che esula dalla loro realtà. Essi faranno di tutto per piacere al dottor Terragni, affinché questi decida di abbandonare la vita glamour cui era abituato e rimanga per sempre nel piccolo centro, facendo così in modo che il loro sogno si realizzi.

Noto fino a oggi più come sceneggiatore (Reality, Il racconto dei racconti, È Stato il figlio e Gomorra, solo per citare alcune pellicole cui ha prestato la sua preziosa inventiva) che come regista, Massimo Gaudioso si cimenta in un’opera dai toni senz’altro spassosi e coinvolgenti, mostrando in modo esilarante la netta contrapposizione tra il medico “cittadino di mondo” e i piccoli abitanti della comunità meridionale, attraverso dialoghi dominati dall’equivoco quando non dal doppio senso, e rimanendo in questo modo fedele allo stampo della tipica commedia all’italiana. A ciò si aggiunge una fotografia che non si risparmia da lunghe carrellate sulle Dolomiti Lucane, che, con i loro paesaggi mozzafiato, rischiano di far dimenticare le comodità tipicamente cittadine cui il dottor Terragni era abituato.
Tuttavia, Gaudioso sembra non essersi ancora separato del tutto dal suo passato di sceneggiatore, poiché molti aspetti della pellicola, tra cui alcune gag, ricordano troppo palesemente l’ormai noto Benvenuti al sud cui aveva prestato la propria penna, perciò qualsiasi risata sarà facilmente accompagnata da un senso di déjà vu.
Chi, tuttavia, è in grado di lasciarsi alle spalle questo senso di “già visto” – peraltro una delle peculiarità delle gag all’italiana spesso basate sulla ripetizione – di risate, più grossolane che grosse, se ne farà. E, come ogni commedia all’italiana che si rispetti, le stessa risata sarà accompagnata da un retrogusto piuttosto amaro, poiché il pensiero andrà inevitabilmente su quelle comunità che stanno davvero scomparendo, fagocitate da un’industria sempre più globale che omologa e demolisce quelle piccole realtà, preziose proprio perché fortemente caratterizzate, basate sulla tradizione e sul contatto con la natura, dimentiche delle comodità offerte dalla tecnologia e dal progresso.
Una commedia attuale e tragicomica, forse un po’ banale, ma senz’altro in grado di intrattenere per 92 buoni minuti.

Costanza Ognibeni

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