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The Rider – Il sogno di un cowboy

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VOTO: 8

Cavalcare il dolore

Due piccioni con una fava, che nel caso di The Rider – Il sogno di un cowboy e per la sua regista Chloé Zhao significa un doppio importantissimo traguardo raggiunto in un colpo solo. Il film scritto e diretto dalla cineasta, sceneggiatrice e produttrice cinese ma da anni attiva nel cinema indipendente statunitense, è a giudizio dell’autorevole National Society of Film Critics risultato il migliore del 2018, piazzandosi in classica addirittura prima di Roma di Alfonso Cuarón, mentre la Zhao è andata a occupare il terzo gradino sul podio dei migliori registi della passata stagione. Due riconoscimenti, questi, che hanno messo ulteriormente in evidenza i meriti della pellicola e della sua autrice, tanto da convincere la Marvel Studios ad affidarle la trasposizione cinematografica di The Eternals. Una bella responsabilità e al contempo un gigantesco balzo in avanti nella sua carriera, ma sarà come è giusto che sia il grande schermo a dirci se e come avrà portato a termine il compito.
Nel frattempo, invitiamo tutti gli interessati a ingannare l’attesa andando in sala dal 29 agosto a recuperare questo piccolo gioiellino, distribuito in Italia da Wanted Cinema dopo un fortunatissimo percorso festivaliero iniziato a Cannes 2017 nella sezione “Quinzaine des Réalisateurs” e proseguito in altre prestigiose vetrine come Telluride, Toronto, Londra e Sundance. L’opera seconda della Zhao, che ha appena concluso le riprese del suo terzo film, Nomadland, con protagonista la Premio Oscar Frances McDormand, ci porta al seguito Brady, un giovane cowboy che dopo un tragico incidente a cavallo vede i suoi sogni sfumare: scopre infatti che non potrà più gareggiare. Tornato a casa nella riserva indiana di Pine Ridge, South Dakota, Brady lotta per superare il trauma dell’incidente, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Nonostante il momento difficile, il ragazzo non può pensare solo a se stesso, deve infatti badare alla sorella Lilly che, affetta dalla sindrome di Asperger, non può contare sulle attenzioni del padre Wayne. L’uomo, dipendente dal gioco d’azzardo, arriverà addirittura a vendere il cavallo preferito di Brady per saldare i suoi debiti. Frustrato e oppresso dal senso di inadeguatezza, Brady si allontana dal mondo e dagli amici del rodeo e inizia a spendere la maggior parte del suo tempo con l’amico Lane, anch’egli in riabilitazione intensiva dopo un incidente. La lontananza dai cavalli diventa però insopportabile e Brady torna così ad allenarsi. Ma dovrà prendere una decisione: dedicarsi alla guarigione con l’aiuto della sua famiglia e dei suoi amici, o rischiare tutto per mantenere l’unico senso di sé che abbia mai conosciuto.
Quello che scorre davanti ai nostri occhi è un western contemporaneo costruito tra finzione e documentario, capace di rielaborare con efficacia l’immaginario del cowboy attraverso la storia di una stella nascente del rodeo che a seguito di un rovinoso infortunio vede i suoi sogni sfumare. Per farlo The Rider parte dalla storia di chi l’ha vissuta sulla propria pelle, ossia di quel Brady Jandreau che nel film veste i panni di se stesso diventando Brady Blackburn. Proprio la scelta di affidare il ruolo al vero protagonista della vicenda, così come l’avere deciso di girare nel Sud Dakota laddove tutto si è consumato e con attori non professionisti, famiglia e amici del protagonista al seguito, ha contribuito a dare al racconto e alla messa in quadro quel realismo che mancava a precedenti figure tormentate di cowboy problematici dell’era moderna come quelli al centro di Dallas Buyers Club o Brokeback Mountain. Il risultato è un ritratto autentico del ruvido, onesto e bellissimo cuore dell’America, tra praterie e distese rocciose, nel quale la regista ha incastonato un toccante dramma domestico e umano che offre allo spettatore di turno una versione più sfumata dell’immaginario classico del cowboy a stelle e strisce. Quest’ultimo restituito sullo schermo attraverso un disegno psicologico ed emotivo che punta alla catarsi.
La Zhao ci immerge in un racconto autentico e intimo, tra autobiografia e romanzo, tra momenti di tangibile sofferenza e poetici passaggi di puro lirismo. Qualche digressione narrativa qua e là nella fascia centrale della timeline frenano in minima parte il crescendo del termometro emotivo, senza per fortuna influire negativamente sul livello complessivo dell’intensità. Detto questo, The Rider è un colpo a cuore che lascia un segno al suo passaggio, di quelli che restano perché capaci di tratteggiare con profondo e non artefatto realismo le traiettorie non accondiscendenti di un cammino esistenziale che parte da una caduta e arriva a un passo dalla risalita.

Francesco Del Grosso

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