Vicini ma non troppo
Come far vivere ai propri figli una separazione nel modo più indolore possibile? La cosa, ovviamente, non è affatto facile e cambia a seconda di ogni singola situazione. E se tale percorso è indubbiamente tra i più delicati che ci siano, pare abbiano trovato una soluzione vincente gli attori e registi Romane Bohringer e Philippe Rebbot, i quali hanno trasformato questo loro periodo in un frizzante lungometraggio di finzione dal titolo L’amour flou – Come separarsi e restare amici.
Non più innamorati l’uno dell’altra, ma, allo stesso tempo, ancora legati da un profondo affetto, i due hanno registrato passo passo il loro trasloco in seguito alla separazione mixando realtà e finzione e avvalendosi delle stesse persone che li hanno accompagnati in questo loro percorso, tra cui i loro stessi famigliari. La soluzione adottata da entrambi è quella di prendere due appartamenti comunicanti con al centro la camera dei bambini, in modo da poter trascorrere entrambi molto tempo con loro.
Un’idea brillante, indubbiamente, che vede un’interessante commistione tra finzione e realtà, in cui non mancano momenti esilaranti, personaggi che sembrano venuti fuori da una sit com americana e bassett hound un po’ troppo invadenti. E se, in poco più di un’ora e mezza L’amour flou riesce indubbiamente a divertire trattando con delicatezza e intelligenza un tema tanto spinoso, come spesso accade quando la sceneggiatura e il progetto stesso nascono in fieri, di elementi che fanno storcere il naso ve ne sono non pochi.
Primo fra tutti: lo script stesso, il quale, privo di evidenti e necessari snodi narrativi, appare a tratti sfilacciato, con parecchi elementi lasciati in sospeso (vedi, ad esempio, la questione dell’eventuale taglio dei capelli al bambino della coppia) e pericolosi cali di ritmo soprattutto intorno alla metà del lungometraggio stesso. E se pensiamo anche ai personaggi che, uno dopo l’altro, come entrano a far parte della vita della coppia così ne escono improvvisamente, ciò a cui ci viene immediatamente da pensare è proprio una sit com, con un’ideale suddivisione in episodi che forse avrebbe funzionato meglio rispetto alla forma più classica di un prodotto cinematografico. Se a tutto ciò sommiamo anche il fatto che, pur essendo i bambini il motivo principale di questa importante decisione di coppia, gli stessi non vengono praticamente mai presi in considerazione dalla macchina da presa, né si registra un loro necessario approfondimento psicologico per quanto riguarda i cambiamenti in corso, ci rendiamo conto che la situazione è chiaramente sfuggita di mano a entrambi gli autori.
Se, dunque, da un lato, non è semplice portare avanti un’operazione del genere, dall’altro, tuttavia, non si può non riconoscere al presente L’Amour Flou la facoltà di portare dietro di sé una gradita ventata di freschezza, con frequenti momenti a dir poco esilaranti, per un lavoro estremamente sentito e personale, il quale, malgrado la scelta di mettere in scena situazioni così private, non risulta mai compiaciuto o autoreferenziale.
Marina Pavido