I veri eroi non tramontano mai
Lo abbiamo visto ovunque: a Londra, in India e perfino a New York. Nei libri di Edgar Rice Burroughs, nei fumetti, ma anche nei cartoni animati della Disney.
Può un personaggio così sdoganato, visto e apprezzato, ma anche in un certo senso superato, trovare nuova linfa vitale nel 2016 in un mega-blockbuster hollywoodiano? Sembrerebbe di sì, se dietro alla macchina da presa si cela David Yates, già noto per aver condotto quattro capitoli della saga di Harry Potter, e proprio per questo consacrato al cinema dei grandi simboli della letteratura.
Tuttavia, trattare un eroe conosciuto e amato in tutto il mondo, talvolta rischia di diventare un’arma a doppio taglio: da un lato non devi fare nulla per creare empatia con un pubblico che sa già con chi ha a che fare; dall’altro, proprio quel pubblico diviene difficile da stupire perché pretende assoluta fedeltà al personaggio, pena il non riconoscervisi più, ma, allo stesso tempo, che gli si racconti qualcosa di originale.
Ebbene, Yates è riuscito a far proprio questo, in The Legend of Tarzan; e sarebbe stato fin troppo facile raccontare la nota storiella dell’uomo cresciuto in mezzo alle scimmie avvalendosi della tecnologia che, generosa, lascia fare tutto il resto agli effetti speciali mandando in ferie tutti gli sceneggiatori. Il regista, piuttosto, li ha messi a lavorare sodo, i propri sceneggiatori Adam Cozad e Craig Brewer, i quali hanno tirato fuori un’accattivante trama che vede in un primo momento il nostro protagonista, ora conosciuto come Lord Greystoke, ben collocato socialmente insieme alla moglie Jane in una Londra di fine 800 borghese e perbenista: un quadretto che colloca il suo trascorso di uomo selvaggio in un punto assai remoto del proprio passato. Successivamente, lo ritroviamo coinvolto in una missione in Congo, dove viene inviato come emissario del Parlamento. Senza minimamente immaginare di far parte di un pericoloso complotto orchestrato dal capitano belga Leon Rom, egli sarà costretto a fare i conti con la propria vera natura e con quel passato che sembra inizialmente respingere.
Spari, rapimenti, ingiustizie e inseguimenti faranno tutto il resto, ma sebbene la veste sia quella di un blockbuster a tutti gli effetti, anche i cineasti più snob si ritroveranno a non arricciare fino in fondo il naso, rapiti da una trama che non può che divertire, ben condita dai personaggi secondari che animano lo spettacolo con dialoghi brillanti e scene mozzafiato. Come George Washington Williams, brillantemente interpretato da Samuel L. Jackson, il pistolero numero 1 dell’era coloniale. Calato nelle vesti di un personaggio dal discutibile passato, ma il cui obiettivo attuale è quello di abolire la schiavitù in Africa, George si porrà spesso come “deus ex machina”, portando Tarzan e Jane in salvo a più riprese, ma gettando un’ombra sulla loro interpretazione, decisamente scialba rispetto al suo talento.
Chi, dunque, ha voglia di vedere un Tarzan in chiave decisamente moderna e per la prima volta in 3D; chi pensa che fosse un eroe tramontato, non ha che da recarsi nelle sale per assistere alla sua rinascita, in un film d’azione di stampo tipicamente americano, ma in grado di intrattenere per buoni 110 minuti.
Costanza Ognibeni