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The Idol

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VOTO: 7

Sarà famoso

Se alla massa il nome Hany Abu-Assad non dice nulla, alle orecchie degli addetti ai lavori invece suona molto familiare. Sua è, infatti, la firma sui pluri-premiati Paradise Now e Omar, entrambi candidati all’Oscar come miglior film straniero e vincitori di numerosi riconoscimenti a livello internazionale. Forse per questo, il suo The Idol era tra i titoli più attesi della 33esima edizione del Torino Film Festival, dove è stato presentato in anteprima italiana nella sezione Festa Mobile dopo la premiere in quel di Toronto lo scorso settembre. In attesa di vederla transitare prossimamente nelle sale nostrane grazie alla Adler Entertainment, la pellicola del cineasta palestinese ha regalato alle platee torinesi sorrisi, commozione e spunti di riflessione.
Ci teniamo a sottolineare che l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Hany Abu-Assad non raggiunge le vette toccate dalle opere precedenti, anche perché ad animarle ci sono toni, registri e storie di ben altro spessore e coefficiente di difficoltà. Se in Paradise Now il racconto si focalizza sui destini di due terroristi alle prese con una missione suicida da compiere a Tel Aviv, in Omar tre amici fraterni ed una ragazza si battono per la libertà in una Palestina occupata dall’esercito israeliano. Il dramma è, dunque. il colore con il quale il regista dipinge questi due ritratti di dolore e sofferenza, nei quali il sanguinario e infinito conflitto rappresenta inevitabilmente il cuore pulsante di entrambi i plot. Quest’ultimo rimane un elemento importante anche in The Idol, ma non centrale. L’attenzione si sposta su altro, con il conflitto bellico che da decenni miete vittime e alimenta odio che si tramuta nello sfondo di una “favola” contemporanea che penetra nelle viscere dell’orrore e della tensione imperante. Per farlo, il cineasta prende la strada della dramedy, puntando su uno humour intelligente e mai superficiale (vedi la scena del provino via Skype), di quelli capaci di coesistere in maniera armoniosa con i passaggi più seri. Sono proprio la giusta alternanza e l’equilibrio nella gestione dei mood le assi sulle quali Abu-Assad fa leva per arrivare indistintamente a più spettatori possibili. Vi riesce, anche se il merito maggiore è da attribuire principalmente alla fantastica e incredibile storia vera che racconta, ossia quella di Mohammad Assaf, balzato alle cronache per la sua celebre partecipazione al talent “Arab Idol” nel 2013. Un’edizione, quella, seguitissima che portò l’allora cantante ventiquattrenne in finale, tenendo con il fiato sospeso milioni di palestinesi, gli stessi che si riversarono nelle strade di Ramallah per festeggiare la sua vittoria (non è uno spoiler, ma il sunto di quanto già noto).
Di fatto, ci si trova a fare i conti con una storia che non può non essere coinvolgente, perché coinvolgente è l’avvincente, quanto sofferto, percorso affrontato dal protagonista per giungere al traguardo. Scontato, nonostante qualche frivolezza e approssimazione di troppo presente qua e là nella timeline, che lo spettatore si lasci andare, quanto basta per seguire con apprensione il destino del protagonista. Una vera odissea la sua, caratterizzata da momenti di paura e da numerose peripezie che lo hanno portato da Gaza a Beirut, passando per Il Cairo. Il processo di catarsi è inevitabile, a maggior ragione quando ci si trova al cospetto di un sogno che diventa realtà, dell’impossibile che diventa possibile al grido di “volere e potere”. E vuoi o non vuoi la mente dello spettatore di turno non può non tornare a The Millionaire di Danny Boyle, con il quale The Idol ha moltissimi punti in comune. Queste affinità elettive e le numerose analogie che lo avvicinano fin troppo alla fortunata pellicola diretta dal collega britannico finiscono con il dare all’opera del regista palestinese un retrogusto di già visto, al quale segue una perdita graduale di originalità. Le emozioni arrivano a destinazione, ma non con le stesse dosi così sapientemente somministrate dal film del 2008. Che quelle che scaturiscono dal primo provengano dalle pagine di un romanzo, mentre quelle del secondo dalla vita reale, non è un fattore determinante, con The Millionaire che resta saldamente al comando.
Tuttavia, The Idol si presenta come un romanzo di formazione che mette al centro la realizzazione di un sogno le cui valenze politiche diventano simbolo collettivo di speranza e pace. Messaggio nobile e mai pretestuoso, forse un po’ banale in certi frangenti, ma al quale è utile aggrapparsi soprattutto in un periodo buio come quello che stiamo attraversando.

Francesco Del Grosso

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