Un’edizione da fine del mondo
È proprio il caso di dire che quella che ci apprestiamo a vivere e a raccontare sulle pagine di Cineclandestino è un’edizione del Torino Film Festival, la 33esima per la cronaca, caratterizzata da un programma che è veramente la “fine del mondo”. Una considerazione, questa, che nasce dalla retrospettiva che gli organizzatori hanno deciso di dedicare al post-apocalittico, articolata in un biennio e battezzata Cose che verranno, nella quale figurano titoli più o meno celebri del passato che, una volta messi insieme, danno origine a un imperdibile viaggio tra gli scenari futuri immaginati dal cinema di fantascienza e da quegli autori che hanno descritto il mondo dei decenni a loro successivi. Il risultato è un corpus di film firmati da grandissimi registi (da Kubrick a Godard, da Truffaut a Scott, da Petri alla Bigelow) che va dagli anni Trenta al nuovo millennio, dove in un battito di ciglia ci si trova teletrasportati dalle meraviglie del possibile agli orrori del probabile mediante uno scontro che vede fronteggiarsi senza esclusione di fotogrammi l’utopia e l’anti-utopia dispotica. Visioni che oggi più di ieri suonano maledettamente profetiche, a maggior ragione se si ripensa agli scenari di morte e devastazione del recente passato, in particolare degli ultimi giorni con gli attacchi terroristici a Parigi del 13 novembre e dello scorso gennaio. La 33esima edizione propone la prima delle due parti di questa retrospettiva, con una raccolta di trenta pellicole che prende il là proprio da Things to Come (1936) di William Cameron Menzies per approdare al Crash (1996) di David Cronenberg, lungo una direttrice spazio-temporale nella quale è possibile imbattersi in esemplari di genere e stile completamente differenti l’uno dall’altro: da The Time Machine di George Pal del 1960 a Soylent Green di Richard Fleischer del 1973, da L’ultimo uomo sulla Terra di Ubaldo Ragona del 1964 a Privilege di Peter Watkins del 1967, da Westworld di Michael Crichton del 1973 ad Akira di Katsuhiro Otomo del 1988.
Ma la retrospettiva rappresenta solo una goccia, seppur inebriante, nell’oceano dell’abbondanza, nel quale cinefili e semplici appassionati si troveranno anche quest’anno a sguazzare all’ombra della Mole nei nove giorni (dal 20 al 28 novembre, con la pre-apertura del 18 affidata a Bella e perduta di Pietro Marcello) che animeranno la città, gli spazi e i dodici schermi designati a ospitare gli eventi e le innumerevoli proiezioni. All’insegna della continuità, quella che moltissime manifestazioni nostrane non possono vantare e che inseguono affannosamente con il susseguirsi delle stagioni, anche questa edizione del Torino Film Festival, dedicata ad Orson Welles per celebrare il centenario della sua nascita (vedi il poster e la mini rassegna di alcuni suoi capolavori come Citizen Kane, Mr.Arkadin e Touch of Evil), mette sul piatto l’ormai solito (tanto da non fare più notizia) e consolidato rapporto tra qualità e quantità, lo stesso che puntualmente ogni anno l’entourage della kermesse piemontese offre al suo nutrito pubblico di addetti ai lavori e non, attraverso un palinsesto che, come avrete modo di scoprire in questa nostra breve carrellata, si presenta molto ricco per quanto concerne i numeri e il potenziale espresso sulla carta. Del resto, sono questi stessi numeri a parlare e a sottolineare – se mai ce ne fosse ancora bisogno – i meriti del lavoro portato avanti dalla direttrice artistica Emanuela Martini e dal comitato di selezione. Dunque, si prosegue diritti e spediti lungo le linee guida delle passate edizioni, che vedono confermate le sezioni competitive e non, alle quali si vanno ad aggiungere delle piccole novità davvero succulente (vedi la “Notte Horror” e la sotto-sezione Palcoscenico dove cinema e teatro si intrecciano per partorire ibridazioni e contaminazioni di linguaggi come nel caso di Sexxx di Davide Ferrario o Morituri di Daniele Segre).
La panoramica sulla line up prende il via come di consueto dal film di apertura scelto per inaugurare la manifestazione nella serata del 20 novembre, che andrà in scena nella splendida cornice dell’Auditorium Giovanni Agnelli al Lingotto, ossia Suffragette (nelle sale italiane con BIM nel marzo 2016) di Sarah Gavron, pellicola attesissima sullo storico movimento delle prime femministe britanniche per ottenere il suffragio universale. La pellicola della Gavron, interpretata dal trio delle meraviglie formato da Carey Mulligan, Helena Bonham-Carter e Meryl Streep, è una delle tante che va a comporre la sezione Festa Mobile, contenitore variegato di opere fuori concorso ancora inedite in Italia, che esprime il meglio della produzione cinematografica internazionale della stagione e non solo. Tra le moltissime selezionate ne segnaliamo una manciata tanto per rendere l’idea di ciò che ci aspetta sotto la Mole: l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Terence Davies (al quale il festival assegna il Gran Premio Torino alla Carriera) dal titolo Sunset Song, storia di radici, di attaccamento alla terra e di combattiva voglia di trovare la propria strada, tratta da “Canto del tramonto” di Lewis Grassic Gibbon; il bizzarro apologo dell’australiana Jocelyn Moorhouse, interpretato da una Kate Winslet in stato di grazia, battezzato The Dressmaker; l’inquietante musical firmato da Rufus Norris London Road; il commovente melodramma Brooklyn di John Crowley; l’elegante wuxia The Assassin di Hou Hsiao-Hsien; senza dimenticare il monumentale affresco della Russia di ieri, di oggi e di un possibile domani, disegnato da Alexey German Jr. in Under Electric Clouds.
Il fuori concorso si tinge di sangue, risate, adrenalina e mistero con un’altra sezione molto attesa che risponde al nome di After Hours, alla quale spetta il compito di accelerare il battito, togliere il fiato e provocare brividi di paura agli spettatori di turno. Ad aprire la sezione ci pensa February, pellicola d’esordio di Osgood Perkins, attore e figlio del celebre Anthony, che racconta l’inquietante e demoniaco intreccio della vita di tre studentesse che si tramuta in una sorta di macabro pellegrinaggio. Un horror assolutamente da non perdere, come da non perdere sono tutti gli altri titoli che vanno a riempire questo Vaso di Pandora cinematografico, a cominciare dai tre dei cinque film firmati da Sion Sono nel 2015 (Love & Peace, Tag e Shinjuku Swan), per chiudere con l’ansiogeno documentario sui disturbi del sonno diretto da Rodney Ascher (già autore di Room 237) The Nightmare, passando per il serial-thriller The Girl in the Photographs di Nick Simon (ultima fatica da produttore del compianto Wes Craven), l’action-comedy Moonwalkers nel quale Antoine Bardou-Jacquet rielabora in chiave parodistica una celebre “teoria del complotto” (un falso allunaggio) e il caleidoscopico-allucinogeno The Forbidden Room del duo Guy Maddin-Evan Johnson. Non competitiva è anche la sezione Onde, senza alcun dubbio la più imprevedibile e sperimentale fra quelle dello scacchiere festivaliero torinese. Qui è possibile perdersi nei meandri di un labirinto di opere magnetiche, indecifrabili e difficilmente classificabili nel ventaglio dei generi, entrando in contatto con film come: il melodramma Dream Land di Steve Chen, sospeso sul vuoto di una Cambogia contemporanea, tra futuro già globalizzato e presente invaso dalla cultura pop; l’imperdibile Cemetery of Splendour, nel quale Apichatpong Weerasethakul racconta una Thailandia ectoplasmatica puntando la macchina da presa su un plotone di soldati che giace nel sonno a causa di una misteriosa malattia; oppure il sensoriale e misterico indie di Ian Clark A Morning Light, che restituisce un mondo su cui incombe qualcosa di insondabile e alieno.
Ma dove c’è un fuori c’è anche uno o più concorsi e il Torino Film Festival non si tira di certo indietro con ben tre sezioni competitive, quelle con le quali andiamo a chiudere questo breve e speriamo utile tour nello sterminato e strabordante programma della 33esima edizione. Documentari e corti trovano il proprio spazio ideale in Internazionale.doc (undici titoli tra cui segnaliamo Gipsofila di Margarida Leitão e Où est la guerre di Carmit Harash), Italiana.doc (nove titoli tra cui spiccano Irrawaddy Mon Amour di Valeria Testagrossa, Dustur di Marco Santarelli e Vincenzo Da Crosia di Fabio Mollo) e Italiana.corti (con 11 titoli battenti bandiera tricolore ripartiti in due programmi tutti da gustare). Capitolo a parte, invece, per il concorso lungometraggi Torino33 che vedrà quindici pellicole inedite, rigorosamente opere prime, seconde, massimo terze, contendersi gli ambiti riconoscimenti, con ben quattro rappresentanti nostrani (la docu-fiction di Elisabetta Sgarbi Colpa di comunismo, il biografico Mia madre fa l’attrice di Mario Balsamo, il thriller psicologico Lo scambio di Salvo Cuccia e il fantasioso e naif I racconti dell’orso di Samuele Sestieri e Olmo Amato) e una selezione di interessantissimi film provenienti dai vari continenti tra cui: un drammatico caso di insabbiamento realmente avvenuto raccontato nel danese The Idealist di Christina Rosendahl, lo struggente melò La patota di Santiago Mitre, la commedia spettinata e surreale progressivamente ipnotica e d’irresistibile simpatia John From del portoghese João Nicolau, il malinconico ritratto di un attore dal passato glorioso di The Waiting Room diretto da Igor Drljaca e lo scanzonato romanzo di formazione in salsa messicana Sopladora de Hojas firmato da Alejandro Iglesias.
Non ci resta che augurarvi tante buone visioni e vi invitiamo a seguire la kermesse piemontese sul nostro sito, che vi proporrà in diretta una serie di recensioni e approfondimenti da non perdere.
Francesco Del Grosso
Riepilogo recensioni per sezione della trentatreesima edizione del Torino Film Festival
Pre-apertura
Bella e perduta di Pietro Marcello
Torino 33
The Idealist di Christina Rosendahl
Mia madre fa l’attrice di Mario Balsamo
La patota di Santiago Mitre
Sopladora de hojas di Alejandro Iglesias
God Bless the Child di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck
Coup de chaud di Raphaël Jacoulot
Lo scambio di Salvo Cuccia
Keeper di Guillaume Senez
Les Loups di Sophie Deraspe
John From di João Nicolau
Colpa di comunismo di Elisabetta Sgarbi
Coma di Sara Fattahi
A Simple Goodbye di Degena Yun
Festa Mobile
The Assassin di Hou Hsiao-hsien
Me and Earl and the Dying Girl di Alfonso Gomez-Rejon
Suffragette di Sarah Gavron
La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi
Phantom Boy di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol
High-Rise di Ben Wheatley
Nasty Baby di Sebastián Silva
Under Electric Clouds di Alexey German jr.
Burnt di John Wells
Brooklyn di John Crowley
The Dressmaker di Jocelyn Moorhouse
London Road di Rufus Norris
The Idol di Hany Abu-Assad
Hong Kong Trilogy: Preschooled Preoccupied Preposterous di Christopher Doyle
Lamb di Ross Partridge
La résistance de l’air di Fred Grivois
Hello, My Name Is Doris di Michael Showalter
After Hours
February di Osgood Perkins
Tag di Sion Sono
The Hallow di Corin Hardy
Shinjuku Swan di Sion Sono
Lace Crater di Harrison Atkins
Moonwalkers di Antoine Bardou-Jacquet
Hellions di Bruce McDonald
The Wave di Roar Uthaug
The Final Girls di Todd Strauss-Schulson
The Nightmare di Rodney Ascher
Love & Peace di Sion Sono
The Devil’s Candy di Sean Byrne
Kilo Two Bravo di Paul Katis
We Are Fine di Henri Steinmetz
Evolution di Lucile Hadžihalilović
Onde
Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul
A Morning Light di Ian Clark
Symptoma di Angelos Frantzis
TFF Doc/Italiana Doc
Il successore di Mattia Epifani
TorinoFilmLab
Interruption di Yorgos Zois
Italiana.Corti
La dolce casa di Elisabetta Falanga