Disperata resistenza
Jonathan Glazer si conferma regista sorprendente e molto restio a classificazioni di sorta. Già nei suoi tre lungometraggi di finzione aveva dimostrato una notevole capacità di rovesciamento degli schemi prefissati dei rispettivi generi di riferimento. Non sempre apprezzabile in senso assoluto ma comunque interessante perché originale. Il gangster-movie esistenziale di Sexy Beast (2000), il dilemma filosofico sulla possibilità della reincarnazione trattato in Birth (2004) e infine la fantascienza atipica vissuta come pura esperienza sensoriale di Under the Skin (2013) sono lì a testimoniarlo. E dopo ben sei anni di silenzio Glazer ritorna dietro la macchina da presa per stupire tutti i cinefili con un cortometraggio della durata di sette minuti scarsi, con due di essi impiegati nella stesura dei crediti. Un corto di un genere che mancava, almeno esplicitamente, all’appello ma che in realtà vagava latente in ogni sua opera precedente: l’horror. Ovviamente, trattandosi del cinema di Glazer, si parla di orrore molto sui generis, riletto in chiave assai contemporanea.
Le note di presentazione di questo suo ultimo lavoro, inserito nel palinsesto del Fantafestival 2020, ci informano che The Fall – questo il titolo, al contempo fisico e simbolico nel rimarcare una caduta a precipizio – sarebbe ispirato, molto liberamente, al celebre dipinto di Francisco Goya “Il sonno della ragione genera mostri”, realizzato dall’artista spagnolo nel 1797. Nel corto, privo di dialoghi a sottolineare un oppressivo senso di incomunicabilità, si osservano in un bosco buio un gruppo di persone mascherate (ambosessi) prima aggredire, poi tentare di giustiziare gettandolo in un pozzo molto profondo un loro simile. ll quale però riesce a frenare miracolosamente la caduta trovando un appiglio, cercando poi con tenacia un’improbabile risalita.
Il resoconto narrativo, più o meno, si esaurisce qui; si evince però con chiarezza come, nelle intenzioni di Glazer, l’unica paura possibile da inoculare allo spettatore sia quella di trasmettergli angoscia ed inquietudine attraverso un procedimento inverso a quello canonico del genere. Niente sangue o effetti espliciti, solo oscurità e caos, dove non può che regnare una violenza priva di alcun senso o spiegazione.
Durante la visione del corto ci troviamo dunque in una completa zona metaforica, in cui il riferimento all’opera ispiratrice risiede tutto nell’atmosfera cupa ed atemporale ivi descritta. Quella che illustra Glazer è la nostra realtà, immota nel corso dei secoli, con il male sempre in agguato e pronto a prevalere. The Fall è una storia millenaria che si rispecchia, ritrovandosi appieno, in un presente dove la prevaricazione del forte sul debole è ormai considerata alla stregua di un fenomeno naturale, quasi scontato nel suo accadere. Il concetto di giustizia, ben oltre quello pur importantissimo di legalità, è scomparso, nella propria chiave di lettura etica. Le cosiddette fake news imperversano per (de)merito della cassa di risonanza tecnologica e la differenza tra democrazia ed anarchia del pensiero si fa linea di confine sottile e debolissima.
Quindi sì, alla fine The Fall è un horror che fa paura. Perche nulla è impressionante come l’abisso morale in cui si sta precipitando. Eppure, in qualche modo, si resiste. Per inerzia. Per istinto di sopravvivenza. Per prolungare l’agonia oppure cercare difficili strade per un futuro migliore? The Fall, scritto e diretto da Jonathan Glazer, lascia ovviamente la risposta in sospeso. Poiché nessuno è in grado di fornirne una dal significato universale e assoluto. Forse solo nel proprio intimo.
Daniele De Angelis