Il demone c’è, ma non sempre si vede
I coniugi Warren sono ormai divenuti una sorta di franchise del genere horror. Con i tre film della saga The Conjuring più varie apparizioni in spin-off comunque legati all’universo di riferimento, i due risultano garanzia assoluta di mirabolanti escursioni nel paranormale, con specializzazione in possessioni demoniache di quelle assai difficili da contrastare. Non fa ovviamente eccezione questo The Conjuring – Per ordine del diavolo, ultimo ma non certo definitivo capitolo delle imprese del duo. Un lungometraggio che vede, a livello di pura curiosità statistica, l’abbandono di James Wan in cabina di regia a favore di Michael Chaves, già responsabilizzato della direzione di La Llorona – Le lacrime del male (2019), altra pellicola sempre orbitante attorno alla medesima costellazione di demoni piuttosto irrequieti. E la differenza di tocco, se ci consentite il termine, si nota eccome. Non propriamente in chiave positiva.
Ad ogni modo qualche idea di partenza degna di maggiore approfondimento questo The Conjuring – Per ordine del diavolo l’avrebbe anche avuta. In primo luogo, essendo tratto (o venendo spacciato) da una storia vera al pari degli altri, un aspetto puramente morale. Ponendo l’amletico dubbio se un uomo possa essere effettivamente giudicato colpevole di un crimine commesso sotto il nefasto influsso di uno spirito diabolico assai potente, come emergerà durante il lungometraggio. Impostato come un legal-drama al sapor di zolfo probabilmente il film di Michael Chaves avrebbe centrato quel grado minimo di originalità che ne avrebbe garantito un migliore esito qualitativo. Al contrario si è scelta la comoda via dell’adagiarsi sui luoghi comuni del sottogenere, mettendo in scena una lotta senza quartiere tra anime dannate e purezza d’amore dallo svolgimento prevedibile e un esito a dir poco scontato. Gli autori, in primis lo sceneggiatore unico David Leslie Johnson-McGoldrick, avrebbero dovuto porsi la fatidica domanda se possa essere ancora accettabile, a distanza di quasi mezzo secolo dal sempiterno capolavoro L’esorcista (1973), riproporre situazioni e persino frasi (il classico “Prendi me“, rivolto al demone occasionale solo in parte) già ampiamente sfruttate nel corso degli anni e dei film succedutisi. Persino la presunta contiguità tra religione cattolica ed entità malevole risulta proposta con evidente minor coraggio rispetto all’illustre capostipite. L’indiscussa professionalità della messa in scena, a cominciare dalle performance attoriali di Vera Farmiga e Patrick Wilson nei panni dei coniugi protagonisti, non nasconde una certa stanchezza di fondo, per un capitolo che si rivela presto l’anello debole della trilogia sinora realizzata. Lo script divaga pericolosamente fino a sfidare la soglia minima di attenzione dello spettatore, confuso tra pretestuosi salti temporali e entità demoniache le quali si palesano a modalità di semaforo stradale, confondendo in misura esponenziale non solamente le iniziative dei personaggi atte a combatterli ma minando pure quella coerenza narrativa che dovrebbe essere garantita in quello che avrebbe potuto e dovuto essere almeno un solido film di genere, nel solco dei due precedenti capitoli. Nel corso dei quali James Wan cercava con successo la paura nelle pieghe di problematiche famigliari ben più pregnanti, rendendo i Warren non monodimensionali investigatori del brivido bensì umanissime persone spinte all’aiuto da altruismo e solidarietà. In un contesto in cui anche i numerosi jump scare finivano con l’assumere un senso compiuto, esulando dal principale scopo di far sobbalzare lo spettatore dalla poltrona. Obiettivo minimo, quest’ultimo, che The Conjuring – Per ordine del diavolo centra solamente in minima parte.
C’è da sperare, insomma, che non si sia già raggiunto il temuto fondo del barile e che idee nuove possano venire in soccorso di una saga importante nella storia recente del cinema di genere, del tutto immeritevole di concludersi per esaurimento di incassi, alla stregua di una qualsiasi operazione commerciale di medio profilo.
Daniele De Angelis