Il diavolo fatto persona
Ted è un ragazzo bello, intelligente, carismatico e affettuoso. Liz è una ragazza madre, attenta e innamorata. Una normale coppia felice, a cui in apparenza non manca nulla. Quando Ted viene arrestato e accusato di una serie di efferati omicidi, Liz viene messa a dura prova: chi è davvero l’uomo con cui condivide tutta la sua vita? A mano a mano che i particolari vengono a galla capirà che l’uomo non è vittima di un grande equivoco ma il vero colpevole.
Moltissimi di voi già conosceranno questa storia e il suo protagonista, vuoi perché già apparsa sul piccolo e grande schermo in passato, vuoi perché non è il frutto dell’immaginazione dello scrittore o dello sceneggiatore di turno, ma l’epicentro di una nuova biografia incentrata su un serial killer realmente esistito e sugli efferati delitti del quale si è macchiato. Per chi non avesse riconosciuto l’identikit è di Ted Bundy, pluriomicida (autore di decine di delitti ai danni di giovani ragazze) che terrorizzò gli Stati Uniti tra il 1974 e il 1978, che l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Joe Berlinger si è occupato.
Con Ted Bundy – Fascino criminale (tit. orig. Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile) alla galleria degli orrori si va dunque ad aggiungere l’ennesimo ritratto di un carnefice già esposto in precedenza. Tra cinema e televisione, infatti, è la quarta volta che le sue “gesta” sanguinarie sono al centro di un progetto audiovisivo. Di conseguenza, il film in questione necessitava di qualcosa che ne motivasse la realizzazione, dato che dal 2002, anno in cui Matthew Bright diede alla luce il suo Ted Bundy con Michael Reilly Burke, non è trascorso poi tanto tempo. La chiave giusta Berlinger l’ha trovata nelle pagine di “The Phantom Prince: My Life With Ted Bundy” di Elizabeth Kendall ed è da quelle che lo sceneggiatore Michael Werwie è partito per narrare la vicenda. Lo script che ne è scaturito ha scelto come punto di osservazione non quello del killer seriale, tantomeno quello di una delle sue vittime, piuttosto quello della donna che le è stata affianco per gran parte della sua vita, ossia di Liz Kloepfer, che altro non è che il vero nome dell’autrice del suddetto libro. Una prospettiva, questa, che genera di fatto un controcampo inedito non per il filone (vedi ad esempio My Friend Dahmer che racconta l’adolescenza del “cannibale di Milwaukee” Jeffrey Dahmer attraverso gli occhi dell’amico John Backderf) ma per questa storia nello specifico, mostrata dalla prospettiva della fidanzata Liz, a lungo ignara della vera natura del suo compagno Ted.
Tale opzione permette all’operazione filmica di acquistare un ulteriore motivo d’interesse, consegnando alla platea l’opportunità di vedere e ascoltare quanto accaduto da un’angolazione diversa. Presentato al Sundance Film Festival 2019 e nelle sale nostrane con Notorious Pictures dal 9 maggio, il film focalizza l’attenzione unicamente sull’arresto di Bundy e sui vari processi che ne sono seguiti. I delitti, infatti, vengono epurati dalla narrazione e di conseguenza tutta la componente truculenta non trova spazio sulla timeline se non nei suoi ultimi giri di lancette. Il risultato è una carrellata di highlights che disegnano un mosaico che si avvicina molto di più al legal-thriller piuttosto che al serial-thriller. Le fasi processuali in cui il potenziale sospettato arriva a difendersi da solo in tribunale, al pari della dimensione domestica (la relazione con Liz e sua figlia Molly), guadagna quella centralità che la pellicola del 2002 non aveva e che spesso manca alla biografie criminali, il più delle volte attente alla componente sadica, alla messa in scena e al modus operandi dei delitti che al provare a riassumere al meglio il criminal-profiling del protagonista. In tal senso quello di Bundy è assai complesso, per cui serviva uno sguardo aggiuntivo e parallelo per completarlo. La possibilità di entrare nella sua sfera privata con e attraverso il personaggio della donna che lo ha amato ha fatto in modo che il puzzle esistenziale prendesse forma, dando allo spettatore l’opportunità di entrare in contatto con l’uomo e al contempo con il suo lato oscuro e malato.
Ted Bundy – Fascino criminale ha la capacità di mostrare entrambe le sfere, con la coppia formata da Zac Efron e Lily Collins che ne ha facilitato la riuscita: il primo incarnando e non imitando la figura ambigua a lui affidata, la seconda restituendo sullo schermo le molteplici emozioni contrastanti che hanno legato la Kendall a Bundy. Al resto ci pensano la scrittura e la conseguente messa in quadro di Berlinger che hanno puntato su una ricostruzione quasi filologica degli eventi, potendo contare sui racconti di una testimone oculare e delle riprese dal vero realizzate durante i processi.
Francesco Del Grosso