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Shark: The Beginning

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VOTO: 6

Senza esclusione di colpi

Tra le novità offerte dal Florence Korea Film Fest c’è l’istituzione a partire dalla ventesima edizione di una sezione interamente dedicata alle trasposizioni dei webtoon, ossia di quei fumetti di origine sudcoreana pensati solo e unicamente per essere letti online su computer e smartphone, che tanta concorrenza stanno facendo ai più celebri manga dei dirimpettai nipponici. Segno questo dei tempi che cambiano, del bisogno di trovare nuovi metodi di fruizione dei contenuti, qualsiasi essi siano, legati a doppia mandata al processo inarrestabile di digitalizzazione che sta riguardando l’editoria tutta, compresa quella dei fumetti e delle graphic novel, da decenni serbatoio inesauribile di storie dal quale l’audiovisivo sta attingendo a piene mani. Ed è da qui, da questa “mutazione genetica”, che nascono progetti cinematografici e seriali come quelli che la kermesse toscana ha deciso di racchiudere in una piccola rassegna di quattro titoli di recente produzione, tra cui Shark: The Beginning.
La pellicola, adattamento dell’omonimo webtoon di Kim Woo-sub, è diretta da Chae Yeo-jun, già autore dell’action comedy Justice High, nel quale aveva già avuto modo di focalizzare l’attenzione su quello che è il tema centrale della sua opera seconda, ossia il bullismo. Tema, questo, che sappiamo essere molto sentito e trattato in moltissimi teen-drama asiatici. Caro evidentemente anche al regista sudcoreano, tanto da spingerlo a riprenderlo nuovamente a distanza di un anno dall’esordio. Come nel precedente, anche nella sua opera seconda Chae Yeo-jun racconta il percorso di rivincita di un liceale bullizzato. Il suo nome è Woo-sol, un diciassettenne di Seoul che perde tutto durante un improvviso incidente a scuola, per il quale viene condannato e rinchiuso in un centro di detenzione giovanile. Qui incontra Do-hyun, un lottatore di arti marziali miste, al quale chiede di insegnarli a combattere. Con il suo aiuto del suo mentore, Woo-sol combatte le sue paure interiori e sconfigge pian piano le sue limitazioni fisiche e mentali. Ma la sua paura per colui che per anni lo ha tormentato, il bullo Seok-chan, che lo andrà a cercare dopo il suo rilascio dalla prigione, continua. Comunque, attraverso un doloroso ed estenuante allenamento, Woo-sol risveglia lo squalo che è in lui.
Shark: The Beginning è un martial arts action che passa attraverso gli stilemi e l’ambientazione del prison movie, mescolando Il profeta a Karate Kid. Il ché getta le basi di un racconto che segue una linea verticale ben precisa, classica nella struttura, nella sua progressione e nella one line del personaggio principale, che vuole la perseveranza dare anche ai meno dotati come Woo-sol, la possibilità di una rivincita concreta. Qualità che permetterà alla preda di trasformarsi in un predatore. Trattasi, dunque, di un sviluppo decisamente basic, che poggia le proprie fondamenta su un’evoluzione dell’eroe di turno universale e dagli esiti scontati. Il ché toglie di fatto alla vicenda il fattore sorpresa, per consegnare allo spettatore una storia di riscatto personale di facile lettura, poiché segnata da paletti predefiniti. Non si va oltre quindi, con il plot e i personaggi che lo animano, in primis quelli del protagonista, del suo mentore e dell’antagonista, che non sono soggetti a variazioni sul tema piuttosto significative, o quantomeno diverse rispetto alla norma. Questo fa dello script e della sua fonte due espressioni piuttosto superficiali.
Ciononostante Shark: The Beginning trova il modo di intrattenere il pubblico con dei lampi action che danno delle forti scosse telluriche alla timeline. La scelta di puntare sulle tecniche di combattimento della MMA, offre alla componente marziale una dimensione più dura e realistica rispetto alle coreografie eleganti e spettacolari alle quali il cinema orientale ci ha abituati. Questo per dire che gli scontri fisici senza esclusione di colpi e regole d’ingaggio che è possibile trovare nelle due ore circa di visione (come quello nella falegnameria, nel cortile che costeggia le mura perimetrali del carcere e la resa dei conti tra il protagonista e Seok-chan), mettono da parte la bellezza del gesto marziale per conferire alle scene un impatto visivo meno estetizzato e più pratico. Se questi funzionano e tengono a galla il film, il merito è del lavoro dietro la macchina da presa di Chae Yeo-jun e delle capacità atletiche degli attori chiamati in causa, dove spiccano Kim Min-suk e Wi Ha-joon, che ovviamente deve molta della sua fama al ruolo del poliziotto in Squid Game.

Francesco Del Grosso

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