Immedesimazione
Ci sono volte in cui l’immaginazione è talmente potente da arrivare persino a superare, per non dire a subissare, la realtà. Volte in cui vorremmo tanto che ciò che quell’immaginazione è stata capace di pensare e concepire non rimanga una proiezione o una visione futuristica confinata nella sfera del vorrei ma non posso, ma diventi qualcosa di concreto da utilizzare nella vita reale. Pensate ad esempio a quanti efferati crimini o tragedie si potrebbero impedire o evitare se il sistema chiamato Precrimine, basato sulle premonizioni di tre individui dotati di poteri extrasensoriali di precognizione amplificati, detti Precog, immaginato a suo tempo da Philip K. Dick nel suo Minority Report fosse realmente esistito e messo a disposizione delle forze dell’ordine. E pensate quanti bambini rapiti o scomparsi nel nulla ogni anno a tutte le latitudini si potrebbero ritrovare e salvare se il macchinario utilizzato dal protagonista di Seeing What You See (Látom, amit látsz) non fosse solo il frutto della fantasia dello sceneggiatore di turno.
Il macchinario in questione lo abbiamo visto in azione nella pellicola scritta e diretta da Mátyás Szabó, presentata in anteprima italiana nel concorso della seconda edizione di Sognielettrici – Festival dell’immaginario fantastico e di fantascienza, è abbiamo subito pensato a quale importanza avrebbe avuto al di fuori di una sala cinematografica. Purtroppo però – al momento – è destinata a restare confinata su uno schermo, al servizio della Settima Arte e di un film che racconta la storia di Ábel, un ventenne cresciuto in un rifugio per giovani in difficoltà, che lavora proprio su un misterioso macchinario che gli permette, quando chiude gli occhi, di vedere attraverso gli sguardi dei bambini perduti e aiutarli. Ma un giorno fa un errore e si sintonizza sulla vista di Vera e inizia a provare qualcosa. Quel qualcosa sono le cosiddette conseguenze dell’amore, capaci di mettere tutto in discussione.
Ed è ciò che accade al protagonista dell’opera prima del regista ungherese, un fantasy dalle venature romance che mostra come l’amore fortissimo e incondizionato per qualcuno può innescare un processo di ricerca di libertà e identità. Seeing What You See si alimenta narrativamente e drammaturgicamente della commistione tra fantascienza e dramma sentimentale, una commistione che però genera a conti fatti un cortocircuito dovuto all’incapacità dell’autore di mescolarli a dovere e con il giusto dosaggio. Questa indecisione su quale strada percorrere mette il film nella condizione di rimanere ingabbiato nell’inespresso di un soggetto non sviluppato a dovere, lasciando l’amaro in bocca allo spettatore per ciò che sarebbe potuto essere e invece non è stato, ossia un’opera dal potenziale enorme ma sfruttato solo in parte. Quel poco non è sufficiente però ad alzare l’asticella, così come le interpretazioni altalenanti di Benett Vilmányi (Ábel) e Petra Hartai (Vera) e la confezione retro-futuristica più vintage che proiettata in avanti, dalla grana fotografica anni Settanta e Ottanta.
Francesco Del Grosso