Vacanze in Costa Azzurra: un miraggio magiaro
Martedì 5 dicembre, assecondando un’atmosfera decisamente leggera e prenatalizia, si è svolta all’Accademia d’Ungheria in Roma (situata presso lo splendido Palazzo Falconieri di Via Giulia) la proiezione di Riviera East (Nyugati nyaralás, 2022), scatenata commedia poliziesca diretta da due cineasti magiari emergenti, Balázs Lévai e Dániel Tiszeker.
Abituati, magari, per i periodici appuntamenti cinematografici organizzati in questo ormai storico spazio culturale, alla presentazione di “classici” del cinema ungherese – o comunque di opere realizzate da registi piuttosto noti anche in Italia -, siamo stato colti piacevolmente in contropiede da una proposta del genere e, volendo, così “di genere”. Pur sapendo bene, naturalmente, che nella nazione mitteleuropea oltre alle pellicole di grandi autori riconosciuti a livello internazionale sono stati prodotti, negli anni, anche film d’intrattenimento di ottima fattura.
Tale è senz’altro il caso di Riviera East, lungometraggio gradevolissimo e a suo modo anche “stratificato”, per come vi si intrecciano satira del precedente regime comunista, “amarcord” dalle coloriture agrodolci, toni da eccentrico “Coming of Age” e “Spy Game” in chiave umoristica.
Forte poi di un cast molto affiatato, con validissime presenze provenienti sia dal cinema che dal teatro (su tutti la coppia protagonista, con Máté Mészáros nei panni del baffuto Gyuri Maurer e Lia Pokorny in quelli di sua moglie Kriszta), questa indiavolata commedia poliziesca prende il via dai preparativi per l’estate della famigliola di uno stimato meccanico, che vorrebbe tanto godersi un’agognata, sudatissima vacanza in Costa Azzurra; una meta che all’epoca (siamo nei primi anni ’80) appariva ancora parecchio difficile da raggiungere, per quei cittadini del “blocco socialista” abituati a muoversi soltanto entro i confini dei cosiddetti “paesi amici”.
E infatti, proprio quando Gyuri e Kriszta Maurer sono convinti di poter partire per la Francia, arriva la doccia fredda: il classico burocrate di partito ha fatto in modo che al figlio più piccolo della coppia non venisse fornito per tempo un documento valido per l’espatrio, così da impedire tramite “l’ostaggio ragazzino” che fosse l’intera famiglia a godersi quelle vacanze all’estero… ed essere magari tentata di stabilircisi, oltrecortina, facendo così perdere all’Ungheria comunista un bravo meccanico.
Tra partire ugualmente lasciando lo sfortunato figlioletto dalla nonna e ridimensionare i propri piani per le vacanze, la famiglia Maurer farà un’altra e a dir poco eccentrica scelta: sfruttare automobile di lusso e documenti lasciati in officina da un facoltoso turista tedesco di origine ungherese, per fingersi tutti quanti tedeschi in vacanza ed essere accolti da gran signori in un Grand Hotel sul lago Balaton. I protagonisti, ignari della reale identità dell’uomo cui hanno temporaneamente sottratto auto e documenti, non immaginano però che di lì a poco verranno inghiottiti nei meccanismi di un gioco più grande di loro… un vero e proprio intrigo internazionale! Con esiti stupefacenti, sia sul versante della classica commedia degli equivoci che sul fronte dell’avventura.
I due registi, Balázs Lévai e Dániel Tiszeker, oltre a sfruttare sapientemente sul piano fotografico i magnifici scorci del lago Balaton (con l’antica Veszprém eletta anche, come è stato ricordato in sala dal direttore dell’Accademia d’Ungheria, Capitale Europea della Cultura per il 2023), sono riusciti a dosare benissimo sia gli elementi polizieschi che quelli della commedia, attingendo a un linguaggio “pop” che forse comunica maggiormente con chi conosce la società ungherese di allora (l’iniziale – e poi contraddetta – scelta di non boicottare le Olimpiadi di Los Angeles assieme agli altri paesi del “blocco sovietico”; le canzoni più popolari dell’epoca; il sistema di delazioni – magari non ramificato come poteva essere nella DDR o nella Romania di Ceaușescu, ma comunque efficiente – incoraggiato dal Partito Comunista Ungherese, nel tentativo di controllare ogni aspetto della vita pubblica; l’attenzione con cui veniva regolata la circolazione di valuta straniera nel paese; persino l’amore per gli scacchi attribuito qui sia a un burocrate comunista che al giovane rampollo dei Maurer, di gran lunga più bravo e preparato del primo), ma riesce comunque a essere universale.
Una sceneggiatura oliatissima, la bravura degli attori e una regia così attenta, anche per quanto concerne i formati e l’uso del colore, a ricreare un’atmosfera tipicamente anni ’80 (ma in salsa magiara), garantiscono a Riviera East un piglio vivace e una continua curiosità, da parte degli spettatori, per l’evolversi del racconto.
Stefano Coccia