Cronaca di un assassinio annunciato
Torna, anche in questa XXI edizione del Ravenna Nightmare Film Festival, l’Ottobre Giapponese, sezione culturale a tutto tondo, di cinema e non solo, curata da Marco Del Bene. Il tema di questa edizione è il cinema dell’abbandono; minoranze e discriminazioni in primo piano, tema atipico quando si parla della Terra del Sol Levante, descritte in tre lungometraggi di diversa fattura.
Il primo dei tre, del regista Adachi Masao, è quasi una docufiction; ripercorre la vita dell’assassino dell’ex Primo Ministro Shinzō Abe, ucciso a Nara l’8 luglio 2022, nella ricerca delle motivazioni di questo gesto estremo. A parte i filmati di repertorio, Adachi ha realizzato un film di finzione (con nomi inventati) molto semplice e ruvido; girato a stretta distanza temporale dall’attentato, non ha uno stile laccato ma punta piuttosto sull’attualità e sull’evitare contaminazioni successive che diano spiegazioni contrastanti e falsate dell’accaduto,
Kawakami Tatsuya (Tetsuya Yamagami nella realtà) ha una famiglia come le altre: padre, madre, un fratello, una sorella; l’inatteso suicidio del padre cambia le loro vite per sempre. E qui entra in gioco il vero villain della storia: la Chiesa dell’Unificazione, cui si unisce senza remore la madre, priva di punti di riferimento dopo la morte del marito. Ambigua come tutte le sette, la Chiesa mira a punire i giapponesi per le loro colpe nei confronti dei coreani, privandoli di ogni loro avere fino a ridurli in bancarotta; per espiare i i trentacinque anni di colonialismo in Corea (dal 1910 al 1945), ora tocca a loro essere poveri e schiavi. In poco tempo, la madre di Kawakami dona tutto alla Chiesa, che antepone ai propri stessi figli, costretti ad una vita sempre più frugale e priva di prospettive; i sogni dello studente Kawakami si infrangono contro la realtà di povertà causata dalla Chiesa dell’Unificazione, mentre dentro di lui monta la rabbia come una marea incontrollabile. Un’intelligenza sprecata in lavori precari, il tentativo (fallito per la sua miopia) di entrare nei pompieri, la militanza nella forza marittima giapponese di autodifesa (JMSDF), un tentativo di suicidio per far avere al fratello (cieco da un occhio a causa di un tumore) l’assicurazione sulla vita, Kawakami è sempre più rancoroso nei confronti di quella Chiesa che ha rovinato le loro vite e deciso a vendicarsi.
Ed arriviamo a Shinzō Abe; l’ex Primo Ministro giapponese è da sempre una figura quantomeno controversa nella politica nipponica, come avevamo avuto modo di vedere già in i-Documentary of the Journalist di Mori Tatsuya durante la 22a edizione del Far East Film Festival; uscito nel 2019, il film alza il velo sui tanti scandali che vedono coinvolto il Primo Ministro Abe, dalla gestione di certe risorse ambientali ad Okinawa alle decisioni prese con disinvoltura per avvantaggiare privati. Tra luci ed ombre, Abe è stato il premier più longevo nella storia del Giappone, nonché il politico pìù influente anche dopo le sue dimissioni, avvenute nel 2020. Le sue politiche economiche, un misto di politica monetaria espansiva, aumento della spesa pubblica e riforme strutturali, volte a portar fuori il Paese dalla spirale deflazionistica, hanno inizialmente dato una scossa ad un Giappone passivo, addormentato ed in crisi demografica; ma i crescenti scandali lo hanno messo al centro di violente polemiche, come ben evidenzia, tra l’altro, il film di Mori Tatsuya. Nonostante questo, il suo assassinio, che ha scosso nel profondo l’opnipne pubblica giapponese, non ha affatto un movente politico.
Quel che si evince dal film di Adachi Masao, Revolution+1, è proprio la natura strettamente personale dell’omicidio: quello di cui il suo assassino incolpava Shinzo Abe, tanto da meritare la morte, è il sostegno che egli dava proprio a quella Chiesa dell’Unificazione che aveva causato la rovina della propria famiglia. L’ex Primo Ministro, infatti, appoggiava apertamente l’ambigua Chiesa, cui era colluso con oscuri legami; favorendo così la rovina non solo della famiglia di Kawakami, ma quella di molti altri giapponesi. Realtà o fantasia, vediamo Kawakami, salvato in extremis dal suicidio, confrontarsi, in ospedale, con un’altra vittima delle sette, una giovane i cui genitori, come la madre di Kawakami, hanno dilapidato tutti i loro averi, crescendo i figli nella miseria. “Cambia la Chiesa, ma gli Dei vogliono sempre e solo soldi”, è l’amara conclusione dei due ragazzi. Dio, gli Dei, sicuramente no; ma gli oscuri profittatori che si spacciano per ferventi religiosi e trascinano gli adepti in una spirale senza via d’uscita sì. Sul mondo delle sette religiose si apre un universo pieno di luci ed ombre; quel che colpisce della Chiesa dell’Unificazione e che Adachi Masao descrive molto bene, è il suo fare leva sui sensi di colpa dei giapponesi nei confronti della vecchia colonia, spingendo i membri ad espiare con il proprio sacrificio le vessazioni procurate ai coreani dal 1910 al 1945, soprattutto considerate, di contro, le discriminazioni ancora presenti nel Giappone odierno, descritte nel documentario (anch’esso presentato nell’Ottobre giapponese di quest’anno) di Ko Chanyu (giapponese di origine coreana) We Are Human!
Michela Aloisi