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Proserpina

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VOTO: 7

Fantasmagoria dell’amore

La città di Roma, con la sua storia millenaria e stratificata, può essere culla ideale a tutti quei sogni ad occhi aperti che usiamo raccogliere sotto il nome di cinema. Ci appare dunque più che ragionevole che il regista e animatore italiano Federico Tocchella abbia scelto la città eterna come set nel quale ambientare questo suo Proserpina, cortometraggio in concorso alla XXII edizione del Rome Independent Film Festival. Al centro della storia una giovane donna, Jacqueline Bulnes, che si lancia in una fantasmatica ricerca dell’ombra di un uomo misterioso, Stefano Vona Bianchini. Della trama non c’è molto altro da dire. Non tanto perché si tratta di un cortometraggio, quanto piuttosto perché essa risulta assai labile. Quella organizzata dall’autore non è tanto una storia quanto una fantasmagoria notturna di immagini e luci in movimento capaci di riempire di meraviglia lo sguardo e l’animo dello spettatore. La formazione da animatore di Tocchella risalta fin dalle primissime immagini e, in particolare, in una lunga sequenza digitale nel quale il regista riconfigura la nascita della scultura Il ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini. Ma questa sequenza, probabilmente una delle migliori del corto, non è affatto un caso isolato. L’autore, infatti, sfrutta appieno le possibilità offerte dal digitale per manipolare la realtà di Roma e crearne una copia prettamente personale. Ne sono esempi i vari sfondi cittadini che emergono nel corso delle sequenze notturne, così come la carrellata in allontanamento costruita dal punto di vista di un tram che lascia la protagonista a terra. Con quest’ultima Federico Tocchella delinea chiaramente l’esistenza di due piani all’interno dell’opera, quello degli spiriti e quello del reale quotidiano, attraverso i quali la protagonista si muove nel corso della sua cerca. Il cortometraggio rimane, dunque, sospeso tra queste due dimensioni. Tecnicamente la pellicola è notevole ed elegante. Tuttavia, dal punto di vista della narrazione appare irrisolto e confuso. Non racconta una storia coerente, si passa infatti da quella che sembrava una messa in scena del mito del rapimento di Proserpina alla messa su pellicola di una rivisitazione del mito di Amore e Psiche. Non è chiaro se la labilità della trama fosse o meno voluta. Appare però chiaro che questo è un film che si guarda non per ascoltare una storia attentamente scritta, ma per il puro piacere di assistere ad una ricca ed appagante messa in scena. Alla gratificazione dello spettatore contribuisce anche la prova della Bulnes. L’attrice, anche senza battute, mette in piedi una prova nella quale risulta eterea e sensualmente carnale allo stesso tempo, basando molto della propria interpretazione sul suo sguardo e la sua semplice presenza. Una prova che parrebbe elevarla a livello di un’iconica eroina gotica. In conclusione, chi si approcci all’opera di Tocchella non lo faccia aspettandosi una storia coerente, quanto di essere introdotto al puro piacere di un cinema che parla per immagini in una dimensione dichiaratamente onirica.

Luca Bovio

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