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Reflet dans un diamant mort

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VOTO: 6.5

Ricordando il cinema glorioso

I leggendari film di James Bond, si sa, da anni deliziano generazioni e generazioni, al punto da poterci addirittura azzardare ad affermare (esagerando?) che è come se con tale saga fosse stato quasi creato un genere cinematografico a sé, visivamente inconfondibile e che in epoca recente ha saputo coniugare le più avanzate tecniche del digitale con atmosfere d’altri tempi. Ma cosa accadrebbe se qualcuno, al giorno d’oggi, volesse in qualche modo emulare/omaggiare tali pellicole, pur dando vita a qualcosa di completamente diverso? Presto detto. A cimentarsi in tale coraggiosa impresa, infatti, hanno provato i registi Hélène Cattet e Bruno Forzani con il loro Reflet dans un diamant mort, presentato in anteprima mondiale in concorso alla 75° edizione del Festival di Berlino.

In che modo, dunque, Reflet dans un diamant mort vuol “fare la differenza”, pur attingendo a piene mani da quanto realizzato in passato? Iniziamo, intanto, a vedere di cosa tratta il film. Ci troviamo in Costa Azzurra. John (impersonato da Fabio Testi) ha settant’anni e trascorre le sue giornate a sorseggiare drink in riva al mare nel bar dell’hotel di lusso in cui alloggia. Egli è affascinato dalla misteriosa donna che vive nella stanza accanto alla sua e ricorda con nostalgia i tempi in cui lavorava come spia ed era circondato – come vuole la “tradizione” – da affascinanti donzelle. Un giorno, tuttavia, accade qualcosa di inaspettato: la sua vicina scompare misteriosamente. E così, ecco che pian piano la sua vecchia vita torna a bussare alla porta…
I numerosi flashback, i ricordi che si fanno sempre più “invadenti”, la sensazione di trovarsi in una sorta di labirinto da cui sembra impossibile uscire. Reflet dans un diamant mort è un vero e proprio trip tra passato e presente, dove, analogamente a quanto accade al protagonista, nemmeno noi, a un certo punto, sappiamo più cosa sia reale e cosa sia, invece, frutto di ricordi o addirittura della pura fantasia.
Donne eleganti che vengono brutalmente sfregiate da diamanti in frantumi, efferati omicidi, bollicine di drink serviti in riva al mare che tanto stanno a ricordare la schiuma del mare stessa nel momento in cui si infrange sul corpo di una bella donna atta a prendere il sole. Reflet dans un diamant mort è indubbiamente un lavoro visivamente accattivante e con una messa in scena inusuale e coraggiosa, che – come sovente accade nel cinema di Cattet e Forzani – non ha paura di sperimentare e di giocare con tutte le possibilità che la nostra amata settima arte ha da offrirci.

E a proposito di settima arte: una delle vere peculiarità del presente Reflet dans un diamant mort è proprio il ruolo svolto dal cinema stesso, non soltanto per le numerose citazioni alla suddetta saga, ma anche, più in generale, per il voler riprendere in tutto e per tutto il genere dei film di spionaggio anni Sessanta, con tanto di fotografia che sta a ricordarci proprio quell’epoca gloriosa. E se il protagonista stesso si trovasse proprio all’interno di un film? Siamo d’accordo: per quanto inusuale e complessivamente gradevole, questo lungometraggio di Cattet e Forzani avrebbe necessitato indubbiamente di quel qualcosa in più che lo aiutasse a fare realmente la differenza, senza rischiare di essere classificato come la classica pellicola nostalgica del buon cinema che strizza l’occhio anche alla componente cinematografica. O, almeno, ci si sarebbe aspettato di più da un film in corsa per l’Orso d’Oro. Per quanto tempo, infatti, ci si ricorderà ancora di questo Reflet dans un diamant mort? Questo, solo il tempo potrà dircelo.

Marina Pavido

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