In cerca di un posto nel mondo
Poco più di tre mesi dopo l’uscita nelle sale, preceduta dall’anteprima alle Giornate degli Autori all’81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Quasi a casa ha aggiunto una nuova tappa al suo cammino festivaliero, prendendo parte alla sezione “Esordi italiani” del 25° Sottodiciotto Film Festival & Campus.
È proprio nel corso della proiezione alla kermesse piemontese che abbiamo potuto vedere e soprattutto ascoltare quelle che sono le qualità dell’opera prima di Carolina Pavone, scritta a quattro mani con Michela Straniero e prodotta tra gli altri da Nanni Moretti del quale l’autrice è stata in più di un’occasione assistente alla regia. Si perché a dare un contributo importante alla causa, tanto da riuscire a sopperire a una serie di mancanze strutturali a livello narrativo e drammaturgico riscontrabili nel racconto, c’è la musica e la sua interpretazione. Tutto ruota e si sviluppa intorno ad essa come perno di un baricentro narrativo che muove l’intero ingranaggio. La musica, infatti, sia diegeticamente che extra-diegieticamente rappresenta un elemento fondamentale per la storia e le dinamiche tra i personaggi, con il percorso artistico ed esistenziale della protagonista che è legato in maniera indissolubile ad essa. Un legame che si fa ancora più stretto e simbiotico grazie alle note e i testi della colonna sonora di Coca Puma e di colei che con il calore della sua voce è stata chiamata a interpretarle, la bravissima Maria Chiara Arrighini, della quale siamo sicuri continueremo a sentire parlare. Il suo nome è Caterina, una ragazza sui vent’anni che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo. Sa cosa vorrebbe fare ma è immobilizzata dalla paura. Ama la musica e vorrebbe farne la sua passione di vita ma anche una vera e propria professione. Frenata dall’ansia che l’attanaglia, incontrerà un giorno il suo idolo, la cantante francese Mia. Durante un’estate incredibile, tra le due si instaura un rapporto complesso che accompagnerà la giovane per anni e le darà quella sicurezza e determinazione che le servivano per riuscire finalmente a trovare il suo posto, a sentirsi a casa. Più o meno.
Con Quasi a casa si rinnova quindi quel connubio sempre speciale tra cinema e musica. Come è stato per tantissime altre vicende simili narrare sul grande schermo, con l’assenza di originalità che quindi diventa un inevitabile effetto collaterale con il quale dovere giocoforza fare i conti, queste due arti si fondono per dare forma e sostanza a un nuovo capitolo di un romanzo di formazione, che ha nella ricerca di sé, del proprio posto nel mondo e di tutte le altre tematiche annesse al suddetto filone il propellente che alimenta il motore narrativo. La timeline presenza di conseguenza una numerosi analogie con altre storie già raccontate dentro e anche fuori dai confini nazionali, proprio in virtù dell’universalità di gran parte delle argomentazioni toccate e degli intrecci messi in quadro. Senza dovere riavvolgere troppo il nastro basta pensare a My Soul Summer di Fabio Mollo, in cui una convincente Casadilego interpreta la diciassettenne Anita, il cui incontro con un famoso cantante in un’estate diversa da tutte le altre le farà conoscere il suo talento nascosto e confermerà la sua passione più grande: la musica. E questo è solo uno dei titoli che viene in mente quando le suddetti arti entrano in contatto e si mescolano, consapevoli come forse lo è stata la stessa Pavone in fase di scrittura, che scavando nel passato ce ne sono tantissimi altri e in gran parte celebri.
Eppure l’esordio della regista capitolina riesce, al netto delle debolezze di cui sopra, a essere un film genuino, se vuoi viscerale, con un linguaggio puro, semplice, sia nella trama che nei dialoghi, capace di scattare e restituire la fotografia di un momento. Quasi a casa è di fatto un’istantanea che cattura e raffigura l’indeterminatezza generale che artiglia e attanaglia quei ragazzi e quelle ragazze dai sogni grandi, sulla soglia di una vita adulta che, probabilmente, non sarà mai totalmente definita. La regista la realizza con l’aiuto di Emanuele Pasquet, con una macchina da presa che si fa testimone oculare di questa condizione incastonandola in una successione di diapositive scattate nelle stagioni, tra i vicoli di Roma e il litorale laziale.
Francesco Del Grosso