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Quando hai 17 anni

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VOTO: 7.5

L’adolescence

«Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna»

Così scriveva Arthur Rimbaud in “Sensazione”, un componimento ben vivo in Quando hai 17 anni di André Téchiné, in uscita il 6 ottobre con Cinema di Valerio De Paolis. Dopo esser stato presentato all’ultima Berlinale, il film è pronto a conquistare i cuori (e non nell’accezione smielata del termine) delle platee di turno. Magari l’adolescente potrebbe sentirsi ulteriormente coinvolto, ma l’abilità di Téchiné e del suo sguardo (qui rinnovatosi e tornato al suo splendore) sta nel riuscire a toccare le corde di ognuno, indipendentemente dall’età o dall’identità sessuale. Quest’ultima è trattata in Quando hai 17 anni con una delicatezza disarmante, ma al contempo in maniera diretta, senza aver paura di mostrare le conseguenze della scoperta di sé anche in relazione all’altro e in un’età cosiddetta difficile.
Damien (Kacey Mottet Klein) è uno studente brillante, Thomas (Corentin Fila) è un ragazzo di colore – adottato – chiuso, introverso e scontroso, un giovane “orso” che vive in montagna nella fattoria dei genitori. Sin dalle prime inquadrature intuiamo qualcosa che sta passando tra i due, una strana alchimia, mista allo scontro, dietro cui si celano pensieri, non detti pronti a scoppiare e desideri difficilmente confessabili. Potremmo dire che un terzo protagonista è il paesaggio, in particolare con la neve, i boschi e poi, invece, la funzione della città. Damien e Thomas frequentano la stessa scuola e il regista francese sceglie di scandire la vita filmica in trimestri. I due non si sopportano e qualsiasi diverbio finisce in uno scontro fisico – almeno fino a un certo punto. Quando la madre di Thomas (Mama Prassinos) ha un malore e il medico curante è proprio la madre di Damien (Marianne Delille), il rapporto tra i ragazzi inizia mutare, a far emergere quei nodi innanzi tutto per loro stessi.
Téchiné usa la macchina a mano anche quando Thomas si addentra e perde nella neve, punta l’obiettivo sui corpi durante l’incontro-conflitto fisico con l’intento di far parlare quei gesti e, al contempo, raffigurare l’età e i moti ad essa connessi. Se nel ’94 in Les roseaux sauvages il cineasta aveva realizzato un particolare affresco di quattro ragazzi nella provincia francese, in crescita, influenzati pure dalla conclusione della guerra di indipendenza in Algeria, in Quando hai 17 anni l’età acerba assume una rappresentazione al passo coi tempi con uno slancio, a nostro parere, ancora più universale. È intorno ai diciassette anni (anno più, anno meno) che si fanno i conti con la propria identità, dovendosi relazionare anche con presenze (apparentemente) ingombranti o assenze non facili da colmare, ma che sono previste dalle stagioni della vita. Lasciamo stare i cliché e le definizioni come film di formazione o coming of age, Quando hai 17 anni va oltre questo. Non perdetevi questo viaggio interiore in anni che hanno segnato ognuno di noi e che il regista di Niente baci sulla bocca (1991) fotografa e racconta senza fronzoli, ma senza dimenticare neanche la poesia.

Maria Lucia Tangorra

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