L’amore non ha dimensioni
Un simbolo, quello dell’acqua. spesso legato al flusso, lo scorrimento, la forza che trascina una creatura alla vita. Una vita che nel corpo di una donna si forma in 40 settimane di ge-stazione. Venticinque settimane è il limite di sopravvivenza per i neonati che nascono prematuramente, l’incertezza tra le possibilità e le impossibilità della vita. Durante quel periodo i genitori si trovano nell’incertezza più totale e passano il loro tempo in ospedale dove possono guardare le loro creature dall’incubatrice. Non c’è nessun tipo di contatto fisico, ma qualcosa a livello emotivo si forma in quel periodo. Una lotta per la vita, per resistere e per iniziare ad amare. Piccoli così è il risultato di una collaborazione tra il regista Angelo Marotta e la produttrice Valeria Adilardi. Angelo Marotta dirige un documentario profondo, sensibile e che apre le finestre su un mondo del quale si sente parlare molto poco, ma che lui stesso conosce bene in quanto la storia che racconta lo riguarda in prima persona. Marotta è il papà di Rita, una delle protagoniste del documentario, una bambina nata a 23 settimane e che pesava solo 500 grammi. I suoi primi 4 mesi di vita li ha passati in una incubatrice nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale San Camillo di Roma. Oggi Rita ha 6 anni e due occhi blu che ricordano il mare. Per il regista questo è un vero e proprio progetto catartico. Anche se all’inizio non sapeva che sarebbe stato parte del film, ha deciso che anche la sua storia doveva essere esposta. La sua personalissima esperienza e quella di altri genitori che hanno vissuto o che stanno vivendo la stessa situazione, ci aprono le porte di un mondo difficile, dove si impara a sperare, a credere, a vivere ed apprezzare il momento presente vedendo l’esperienza dei medici e di chi sa come tenere in vita quelle fragili creature. Secondo alcune statistiche, circa il 10% delle nascite avvengono al di sotto delle 32 settimane. Rita viene portata in quel reparto dove è cresciuta, e dove anche gli altri protagonisti sono stati o si trovano. Arianna, Aisha, Luca e Manuel sono nelle incubatrici del reparto di Terapia Intensiva Neonatale. Rita, Ascanio e Vittoria invece sono cresciuti. Laura, 18 anni e Antoine, 15, parlano apertamente della loro nascita prematura. Il secondo, non vedente, adora la musica, canta e suona il piano. Le loro storie sono raccontate dai genitori che ricordano, con molta emozione quei momenti difficili passati a guardare quei contenitori di vetro, con i quali medici, infermieri ed esperti sono a contatto 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, per far sì che queste vite possano svilupparsi. Creature che attraverso cannule, tubicini, trasfusioni e interventi chirurgici, si trovano nel limbo tra la vita e la morte, all’interno di un “utero ipertecnologico”.
I reparti di Terapia Intensiva Prenatale sono molto protetti da un personale altamente specializzato. Per questo motivo fare delle riprese all’interno di questi luoghi non è stato semplice, ma il regista ha collaborato con i vari ospedali per fare in modo che il suo materiale girato fosse utilizzato a scopo informativo per la formazione dei diversi operatori. Il regista ha sempre filmato cercando di essere il meno invadente possibile, ma facendo in modo di catturare quel mondo di transizione allo scopo di lavorare insieme ai medici ed essere di supporto ai genitori. Tutti i protagonisti hanno avuto la possibilità di vedere il documentario e sono rimasti sorpresi davanti ad una storia all’interno del quale si sono sentiti davvero rappresentati. Nel loro immaginario si aspettano un film più scientifico e meno umano. E non è forse un caso che il regista e la produttrice stiano programmando delle proiezioni in collaborazione ai reparti di terapia intensiva prenatale affinché il film diventi uno strumento di riflessione, elaborazione, e di incontro, non da un punto di vista medico, ma da un punto di vista relazionale, di supporto all’assistenza integrata prenatale.
Un viaggio all’interno dell’esistenza più debole ma allo stesso tempo forte. Un progetto durato 3 anni, dall’ideazione fino alla prime proiezioni al Biografilm di Bologna e al Molise Cinema, dove il film si è aggiudicato il premio come miglior documentario, anche se merita sicuramente menzione la bellissima musica di Lamberto Macchi. Piccoli così è un viaggio emotivo che fa riflettere sulla vita nella sua complessità, dal momento più importante – quello della nascita – che spesso, forse, diamo troppo per scontato.
Vanessa Crocini