L’amore cangiante
Il filone young adult – prima letterario, poi cinematografico – non arretra di fronte a nulla. Come se ormai, quello adolescenziale, fosse un universo a se stante, impossibilitato ad essere messo in comunicazione con il mondo adulto a prescindere dalla declinazione di genere ad esso annessa, sentimentale, fantascientifica o avventurosa che sia. Osservato in questa chiave Ogni giorno, tratto dal “solito” best seller stavolta a firma di David Levithan, rappresenta una sorta di caso esemplare. Non solo gli adulti fanno da puro ornamento, ma è lo stesso spunto narrativo del film, al di là della sua ambientazione giovanilistica, a tentare di essere molto di più che banale intrattenimento per nuove generazioni. Infatti la trama del lungometraggio diretto da Michael Sucsy – ma desta più attenzione la presenza nei credits di Jesse Andrews, autore dello script dell’ottimo Quel fantastico peggior anno della mia vita (2015), peraltro tratto da un suo romanzo – si dipana attraverso coordinate da cinema serioso, assai ambizioso nel voler bypassare di slancio qualsivoglia superficialità insita nell’età di riferimento.
In poche parole, il plot. La quindicenne Rhiannon (interpretata dalla graziosa Angourie Rice), invece di intraprendere un normale percorso di crescita sentimentale, già cerca l’essenza dell’amore. Il problema è che esso si incarna ogni giorno in un corpo differente, detto A. Senza peraltro fare troppa distinzione di sesso o colore della pelle, come vuole il perfetto manuale del politically correct imperante oggi. Una volta tocca al suo ragazzo Justin, in genere piuttosto freddo nei confronti di Rhiannon, far scattare la scintilla dell’empatia facendole trascorrere la classica giornata ideale; un’altra volta può trattarsi di una coetanea compagna di scuola e un’altra ancora un perfetto sconosciuto dall’altro capo della città. Fino ad arrivare a una consapevolezza che dovrebbe sancire il passaggio verso la maturità senza se o ma. Uno spunto dunque in teoria abbastanza suggestivo che s’inceppa proprio nel mettere in scena il meccanismo narrativo, sin troppo farraginoso e privo di spiegazioni logiche. Come se per regista e sceneggiatore bastasse l’assunto stesso a “fare il film”, contando sulla sospensione di credulità insita nell’atto stesso della visione cinematografica. Al contrario Ogni giorno sembra vagare un po’ alla cieca, approfondendo e sintetizzando senza una logica apparente i vari incontri tra Rhiannon e le molteplici facce di A. Soluzioni che appesantiscono non poco un’opera, come detto, dalle mire alte, che intende superare dal punto di vista concettuale i confini dell’amore troppo legati a sovrastrutture quali aspetto fisico, colore della pelle e orientamento sessuale.
Ogni giorno veicola dunque un condivisibile messaggio improntato alla volontà di descrivere un sentimento libero poiché scevro di atavici ancoraggi culturali ormai fuori dal tempo e, per l’appunto, simbolizzati nel film da micro-cosmo adulto del tutto anacronistico e fuori contesto rispetto al nucleo narrativo. Semmai è proprio quest’ultimo a tradire la fluidità di un lungometraggio che vorrebbe rappresentare, senza riuscire in pieno nella comunque difficile missione, una sorta di manifesto sull’emancipazione adolescenziale nei confronti di valori unanimemente considerati non di loro pertinenza anagrafica. Un tentativo di bruciare le tappe che, ad ogni modo, merita il metaforico onore delle armi solo per essere stato compiuto. Con coraggio almeno pari all’incoscienza di una modalità di realizzazione, paradosso dei paradossi, forse anche essa stessa discretamente immatura nell’affrontare tematiche del genere.
Daniele De Angelis