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Le nostre battaglie

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VOTO: 7.5

Laura non c’è

Ai frequentatori abituali del Torino Film Festival il nome di Guillaume Senez suonerà sicuramente familiare. Il suo lungometraggio d’esordio, infatti, si aggiudicò nel 2015 il premio per il miglior film nella competizione ufficiale. A tre anni di distanza dalla conquista del gradino più alto del podio con Keeper, il cineasta belga torna sugli schermi della kermesse piemontese per provare a bissare la vittoria con la sua opera seconda dal titolo Nos batailles (per l’uscita italiana traduzione fedele: Le nostre battaglie). Se ci riuscirà lo vedremo con l’annuncio del palmares, ma nel frattempo ritroviamo un regista molto più maturo stilisticamente rispetto a quello che avevamo conosciuto alla 33esima edizione del festival torinese.

Reduce dalla premiere in quel di Cannes 2018 nel cartellone della “Semaine de la Critique”, la nuova pellicola ci porta al seguito di Olivier, un caporeparto di 39 anni che dedica tutto se stesso al lavoro e alla lotta contro le ingiustizie al fianco dei propri compagni. Da un momento all’altro, però, quando sua moglie Laura abbandona la loro casa, si ritrova a destreggiarsi tra le necessità dei suoi bambini e le incombenze quotidiane, personali e professionali. Costretto al confronto con queste nuove responsabilità, l’uomo lotterà per trovare un giusto equilibrio.
Senez porta sullo schermo una storia che parla della difficoltà di conciliare vita familiare e vita professionale ed è su questo binario parallelo narrativo e drammaturgico che prende forma e sostanza lo script. Uno script, questo, le cui pagine iniziali sembravano al contrario preannunciare altro, ossia una prevalenza dei temi legati alla crisi economica imperante e alle problematiche occupazionali con annesse mancanze e violazioni dei diritti dei lavoratori, che vedono il protagonista battersi quotidianamente nelle vesti di sindacalista per se stesso e in primis per i colleghi, riportando la mente al recente In guerra di Stéphane Brizé. Ma con l’allontanamento volontario e apparentemente inspiegabile dal focolaio domestico da parte della moglie, il plot subirà un riassetto, passando da dramma collettivo a privato. Il tutto mantenendo però un’attenzione costante per le implicazioni sociali.

Come era accaduto in Keeper, dove l’autore aveva seguito le traiettorie del classico romanzo di formazione, anche in Nos batailles la famiglia, i legami, la paternità e l’assenza, diventano la materia prima con la quale Senez alimenta la storia, restituendo uno spaccato familiare intenso, sincero e profondamente umano che lo avvicina – e non poco – a La nostra vita di Daniele Luchetti. Film, quello firmato dal cineasta capitolino, con il quale l’opera seconda del collega belga ha moltissimi punti in comune, a cominciare da alcune dinamiche narrative per finire con il fondamentale contributo davanti la macchina da presa dell’attore chiamato a vestire i panni del protagonista. Elio Germano dieci anni or sono (premio per la miglior interpretazione maschile a Cannes 2010) e Romain Duris ora, si caricano sulle spalle personaggi complessi senza lasciarsi sopraffare e schiacciare dai rischi e dalle difficoltà insiti nel loro disegno. Se Germano ha dovuto lavorare in levare, il collega francese lo ha fatto in sottrazione, ma entrambi donando forza e verità alle rispettive performance, che di fatto sono il perno sul quale fare leva per creare un flusso continuo di emozioni.

Francesco Del Grosso

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