Tutto quello che mi sono perso
Tra i tredici film in concorso nella sezione “Panorama Internazionale” dell’undicesima edizione del Bif&st c’è anche un po’ d’Italia, la stessa dalla quale Nathalie Biancheri si è allontanata per dare una possibilità concreta al suo desiderio di fare cinema. Desiderio misto a determinazione che hanno dato i loro frutti, coltivati e maturati in terra britannica, dando forma e sostanza alla promettente opera prima dal titolo Nocturnal. E dopo la proiezione della pellicola in questione nel corso della kermesse barese abbiamo preso atto della “fuga” dell’ennesimo talento che la cinematografia nostrana ha lasciato andare e del quale sentiremo sicuramente parlare.
Il film ha le sue piccole imperfezioni e imprecisioni, quelle fisiologiche di un’opera prima nella quale l’autrice cerca di mettere sul piatto quello che di buono ha e vuole offrire allo spettatore di turno. Sbavature che emergono nel corso della visione sotto forma di incespicate narrative e di qualche futile digressione, ma che alla lunga metta seriamente in discussione l’esito di un film personale ed epidermico nel suo processo di scrittura e nella conseguente messa in quadro. Un film che vuole essere un portatore sano di emozioni cangianti che strappano teneri sorrisi e inumidiscono le guance del fruitore. Il tutto attraverso gli schemi collaudati e i temi ricorrenti di un romanzo di formazione, quello di Laurie, studentessa giovane e cinica, che inizia a coltivare un’amicizia segreta con Pete, un uomo più grande e all’apparenza ossessionato da lei.
Nella timeline di Nocturnal il pubblico potrà ritrovare tutti gli elementi classici del coming of age, nel quale la Biancheri, con la complicità della sceneggiatrice Olivia Waring, innesta in maniera impeccabile le basi di un dramma amoroso destinato a cedere improvvisamente e inaspettatamente il passo a ben altra declinazione. Come? Con un colpo di scena davvero imprevedibile, di quelli difficili da pronosticare perché abilmente camuffato mediante un processo di avvicinamento davvero efficace. Si assiste a un ribaltamento che cambia le sorti dei personaggi e che muta il DNA drammaturgico del racconto, spostando gli equilibri e spaccandolo letteralmente in due macro parti.
C’è dunque un prima e un dopo per i protagonisti, nel pezzo una rivelazione che è una tempesta che si abbatte su di loro e sullo schermo. Un fulmine a ciel sereno che è il punto di forza e il valore aggiunto di un’opera vestita da indie very british, ben interpretata dalla coppia formata da Cosmo Jarvis e Lauren Coe, quest’ultimi ben diretti da una regista che dal punto di vista formale non sceglie mai la via più facile e didascalica, ma cerca, a partire dall’uso del 4:3 per sottolineare la centralità persistente dei personaggi, di offrire soluzioni e inquadrature mai banali (vedi ad esempio il dialogo notturno in auto di Laurie e Pete, con entrambi fuori campo e le immagini di ciminiere illuminate sullo sfondo che scorrono dal finestrino). In queste poche, ma apprezzabili mosse risiede la bellezza e la semplicità genuina di Nocturnal.
Francesco Del Grosso