Sala d’attesa
Tra i corti passati recentemente al Monsters – Fantastic Film Festival ne abbiamo scoperti non pochi, di meritevoli. E vista la divisione del concorso in differenti programmi giornalieri, temi, sottosezioni, possiamo anche dire che mercoledì 27 settembre a Taranto il pubblico non si è di certo annoiato, davanti al programma ribattezzato “Visions”; un concentrato di visionarietà – come da titolo – e, volendo, di vivacità narrativa, tale da trasportare l’immaginazione del pubblico con leggerezza dal black humour del corto irlandese, Dispensary of Death di Simon O’Neill, fino a certe fantasmagorie animate in cui il gusto del macabro può apparire tanto ludico quanto paranoide, ossessivo. Next Please di Eva Bonnevits, nella fattispecie.
Cromatismi molto marcati, laddove il rosso tendenzialmente mette paura. Bizzarri loop temporali. La sala d’attesa e i corridoi di un clinica, che si riempiono di strane, grottesche figure, a partire dai pazienti stessi. E un protagonista visibilmente a disagio il cui timore che arrivi il proprio turno, annunciato dal classico numeretto, si manifesta anche attraverso una trasformazione fisica, nella quale sembrano riproporsi le più tipiche paure infantili.
Tuttavia la sanità oggigiorno può spaventare tutti, anche gli adulti. E dopo ciò che si è visto nel mondo dal 2020 in poi pure un poster col siringone in evidenza rappresenta in qualche misura un segno. Sebbene a noialtri abbia strappato un sorriso l’altro poster, quello inquadrato all’inizio, così stravagante, col gatto che chiede aiuto…
Ascoltiamo comunque dall’autrice stessa, l’olandese Eva Bonnevits, cosa confluisce in questo e in altri suoi lavori d’animazione: “I film che creo sono incentrati sui personaggi. Come vivono un’esperienza e come posso ingrandirla rendendola fuori da ogni proporzione senza perdere la capacità del pubblico di relazionarsi a loro?
Mi piace portare il mio pubblico in ambienti familiari e farglieli vivere in un modo completamente nuovo. Un modo che non si sarebbero mai aspettati.”
Questo suo tocco straniante non soltanto ci è piaciuto per la semplicità e l’originalità del tratto grafico, per quelle piccole, ansiogene trovate di regia, ma ci sembra possa essere ricondotto allo stile di alcuni dei migliori animatori indipendenti. Su tutti lo statunitense Bill Plympton, il cui modo di proiettare la quotidianità verso un immaginario fantastico, riassemblato citando svariati generi e realizzando un universo cartoonistico dalle modalità inconfondibili, non ci pare poi così distante dall’approccio della Bonnevits alle storie e al disegno.
Stefano Coccia