Genio e sregolatezza dalla Romania di Ceaușescu
Esce ora anche in sala Nasty – More Than Just Tennis, sorta di biopic sportivo dal taglio documentaristico che aveva già fatto capolino all’ultima Festa del Cinema di Roma. E non è certo la prima volta che il festival capitolino mostra una particolare predilezione per tale sport: solo per citare i titoli più significativi, senza porre qui ulteriori distinzioni tra cinema documentario e lungometraggi di finzione, negli ultimi anni sono passati all’Auditorium film che si ricordano con una certa emozione come ad esempio Love Means Zero di Jason Kohn, ritratto in chiaroscuro del così iconico trainer statunitense Nick Bollettieri, o anche Borg McEnroe del danese Janus Metz, trasposizione cinematografica di una delle più accese, rappresentative e tecnicamente interessanti rivalità della Storia del Tennis.
Potevamo farci mancare un focus sul grande Ilie Năstase, il quale non soltanto assieme al sodale di sempre Ion Țiriac ha tenuto alta per anni la bandiera dello sport rumeno, ma seppe anche imporre nell’immaginario collettivo una figura tutta genio e sregolatezza, da autentico dandy armato di racchetta, che in pochi si sarebbero aspettati di veder arrivare dallo stesso paese di Nicolae Ceaușescu? Assolutamente no. E pur senza lampi di genio, l’accurato lavoro firmato dai cineasti rumeni Tudor D. Popescu, Cristian Pascariu e Tudor Giurgiu riesce a far rivivere sia il clima dell’epoca, sia l’eccezionalità di quell’apparizione nel panorama mondiale.
Vincitore di diverse prove del Grande Slam, in singolo (nella fattispecie Roland Garros e US Open) e in doppio, protagonista (talora sfortunato) in Davis e primissimo giocatore ad occupare la prima posizione del ranking mondiale in singolare, proprio agli albori di tale classifica, Năstase si è poi imposto all’attenzione degli sportivi di tutto il globo per l’innato carisma, ma non possono essere certo ignorati i suoi meriti atletici e tecnici. Le immagini di repertorio inserite in Nasty – More Than Just Tennis riportano alla luce un talento unico, fatto di colpi estrosi e di una particolare elasticità nel muoversi lungo tutto il campo, con movenze feline associate a uno stile pulito ma assai personale nel colpire la palla.
L’atteggiamento in campo, rievocato anche in diverse interviste tra cui quella effettuata col tennista stesso, si sposa all’interno di tale ricerca con aspetti forse ancora più accattivanti, per lo spettatore, legati alla condotta decisamente irregolare del campione fuori dal campo. Innanzitutto, in anni in cui fare tornei all’estero non significava automaticamente per i giocatori del circuito, anche i più forti, venire ricoperti d’oro, soggetti estroversi di natura come Țiriac e soprattutto Năstase ne approfittavano per assaporare scampoli di “bella vita”. Specie da parte del secondo, però, vi era una predisposizione a scatenare durante le partite baruffe con gli arbitri e col pubblico (un altro “talento”, da cui un sornione John McEnroe afferma ironicamente d’aver preso ispirazione, nel corso del documentario), nonché a creare per gli avversari epiteti beffardi al limite dell’offesa personale, che verrebbero subito castigati dal tetro e ipocrita “politically correct” di oggi. Con non poca nostalgia scopriamo invece che i rivali di Năstase accettavano di buon grado la cosa o addirittura si divertivano, considerandoli tratti caratteriali esuberanti e genuini se non addirittura simpatici, di fronte a certi sfoggi di goliardia come i nomignoli attribuiti ad esempio, confidenzialmente, al grande tennista afroamericano Arthur Ashe. Da commentatore sportivo e allenatore il rumeno si è ripetuto di recente con Serena Williams, ma la campionessa di colore non ha reagito ai suoi sfottò con altrettanta “sportività”, creando al contrario possibili problemi legali, lavorativi e di immagine al vecchio campione. E candidandosi perciò a potenziale “villain” di questa vivace biografia cinematografica. Peccato. Ma tutto questo concorre nel film a definire come sia cambiato il clima degli eventi tennistici, da quegli anni leggendari a un presente reso ipertrofico e plastificato da sponsor, capillare copertura mediatica, contratti miliardari per gli atleti. Cambiato, quindi, ma a nostro avviso in peggio. Grazie pertanto Ilie per averci ricordato il vero fascino di tale disciplina sportiva.
Stefano Coccia