Con il fango incrostato addosso, scontri razziali e drammi familiari nell’America delle opportunità represse
Giù nella fossa degli schiavi, seppellire papà, ku klux klan leader. Giù nelle radici bagnate di sangue e fango. Giù tra rimorsi e abbandoni, nella terra promessa che non sa accogliere i suoi figli.
Mudbound, dal romanzo omonimo di Hillary Jordan, nella Selezione Ufficiale alla XII Festa del Cinema di Roma, diretto dalla giovane afroamericana Dee Rees (già aiuto di Spike Lee e autrice di un premiato corto Pariah e del film televisivo HBO Bessie, si muove tra Steinbeck e altri furori, nel fango descritto in decine di sfumature da Faulkner come da tanta narrativa americana. Come un denso feuielleton ottocentesco Mudbound si trascina vigoroso, accurato, testardo, impietoso ma pacifico, quasi appagato dalla sua stessa scorrevole lentezza, nelle anse di un fiume di rabbia e pregiudizi.
Sorretto da un cast strepitoso che diventa corpo unico pronto a ricevere i colpi cocenti della trama, il film si stanzia tra le melme delle fattorie del Mississippi, insinuandosi nella storia della famiglia McAllan. La coppia di sposi Henry e Laura e le figliolette si stabiliscono in una nuova proprietà, dove investono ogni risparmio, energia e speranza. Mentre Laura, impreparata ma determinata, si vota totalmente al regime domestico, Henry si spacca le mani inseguendo il sogno americano del recinto bianco. Dall’altra parte a combattere da generazioni nello stesso fango e con le stesse aspirazioni/illusioni di riscatto e onorabilità, la famiglia di mezzadri “di colore” Jackson, le cui vite si intrecciano con quelle dei McAllan fino alle estreme conseguenze. La miccia che irrompe e corrompe i ritmi delle loro esistenze e routine, è lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e dopo quattro anni il ritorno dei reduci, alienati e stranieri in patria. Da un lato Jamie, il fratello minore e affascinante nonché anticonformista e ubriacone del lavoratore indefesso Henry. Dall’altro Ronsel, che in Europa ha lasciato il cuore e persino un figlio e in terra natia incontra solo il sempre più pericoloso astio dei bianchi.
Leggi naturali e leggi umane, disparità e disumanità, quando i diritti sono relegati alla “porta sul retro”. Dramma corale e imponente, Mudbound si farà sentire nella corsa agli Oscar e non solo.
Sarah Panatta