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Morgan

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VOTO: 5

Buon sangue talvolta mente

Nulla contro i cosiddetti “figli d’arte”, per carità. Basti pensare che Sofia Coppola, figlia di cotanto padre, esordì nel lontano 1999 con un piccolo capolavoro, Il giardino delle vergini suicide. D’altro canto il lungometraggio d’esordio del rampollo di Ridley Scott non pare certo destinato a restare negli annali, anzi, si spera vivamente che il giovane regista in futuro possa esibire una maggiore personalità. Il nostro Luke Scott, che ci risulta abbia finora diretto un apprezzabile cortometraggio (Loom, 2012) e qualcosina per la televisione, si è in realtà fatto le ossa ricoprendo ruoli di un certo peso sui set paterni. E in fin dei conti da un punto di vista prettamente tecnico Morgan è anche un film solido, ben strutturato. Forse a mancargli è proprio l’anima: ne avrebbe mostrata di più un “replicante”, siamo pronti a scommetterci… qualora ci venga concessa questa “licenza cinefila”.

Presentato in anteprima a Trieste durante la serata d’apertura di Science + Fiction, in uscita ora nelle sale, Morgan è un prodotto Sci-Fi che punta l’obiettivo sui segretissimi esperimenti relativi all’intelligenza artificiale qui attribuiti a una multinazionale, dal modus operandi estremamente spregiudicato. Ciò che viene sperimentato in laboratorio è una creatura dalle fattezze adolescenziali, Morgan (Anya Taylor-Joy), ottenuta da avanzati, complessi, ma per certi versi anche rischiosi esperimenti di bioingegneria. Nella creatura si vorrebbero infatti bilanciare comportamenti preprogrammati ed iniziative, emozioni, man mano più personali. Morgan è però capace di sprigionare un grande potere distruttivo. E quando la situazione comincia a sfuggire di mano agli scienziati, che hanno seguito il progetto per conto di tale società, viene inviata in loco Lee Weathers (Kate Mara), un’agente molto preparata che sembra però celare (neanche troppo, a essere sinceri) segreti altrettanto sconvolgenti…
Nonostante un cast di tutto rispetto, che contempla anche attori del calibro di Paul Giamatti, Toby Jones, Michelle Yeoh e Jennifer Jason Leigh, il film non decolla mai veramente. I dialoghi sulla sfera emotiva della “creatura” (e di chi investiga sulla reale natura dei suoi pensieri), a metà strada tra il mito di Frankenstein e gli androidi visti all’opera in tante altre pellicole, non producono pressoché mai una vera scintilla, un coinvolgimento sincero e duraturo da parte dello spettatore. L’azione pure procede secondo schemi assai prevedibili. E le rivelazioni finali arrivano in modo così spento, telefonato, che per quanto di promettente poteva esserci nello script di Morgan ci si ritrova necessariamente a parlare, volendo essere benevoli, di una occasione mancata.

Stefano Coccia

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