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Mattia sa volare

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VOTO: 6.5

Per un cromosoma in più

Abbiamo già incontrato più volte nei festival i corti di Alessandro Porzio, sempre in grado di far discutere, sempre in grado di far valere determinate provocazioni tematiche ed estetiche. Prodotto da Diero, distribuito in esclusiva da Zen Movie Distribuzione e illuminato dalla nitida fotografia di Dario Di Mella, Mattia sa volare pare inserirsi con un certo vigore in questa piccola tradizione inaugurata dall’autore.

Il lavoro del giovane cineasta pugliese accarezza temi socialmente rilevanti, mette in campo emozioni e scelte estreme, ma lo fa mantenendo nel suo impianto narrativo quei tratti più ruvidi e sanguigni che rendono l’approccio maggiormente incisivo; nella fattispecie il cromosoma in più del protagonista, un Fabio Palmisano dalla bella presenza scenica, è il fattore che scatena in chi lo circonda tanto reazioni benevole e di natura affettiva, che quegli atteggiamenti limitanti dovuti alla supposizione che certi rapporti interpersonali, per quelli come lui, non siano del tutto consoni. Ma durante uno dei consueti passaggi sul pulmino il ragazzo reagirà in modo del tutto inaspettato, persino minaccioso, pur di dichiarare a un’altra della comitiva i suoi sentimenti. L’uccellino apparentemente indifeso, insomma, non vuole più stare nella gabbia.

In un periodo che a livello internazionale ha visto esplodere il caso Sanctuary, lungometraggio irlandese capace di stupire tutti per il suo rappresentare la Sindrome di Down fuori da certi stereotipi, caricando il racconto di tensioni libertarie e di ironiche effrazioni del “politicamente corretto”, Mattia sa volare si pone in una direzione analoga. Lo fa senza rinunciare del tutto alla ricerca formale in favore del contenuto (belle, anzi, le soggettive del protagonista che guarda dai fori di una scatola) e creando una felice interazione tra interpreti “con un cromosoma in più” e attori di un certo peso, come il “benigno” Toto Onnis, Nicolas Orzella (Il paese delle spose infelici) e la lanciatissima Angela Curri (già tra i protagonisti de La mafia uccide solo d’estate). Alcune scelte registiche possono altresì apparire un po’ avventate, ci è piaciuta di meno ad esempio la surreale inquadratura finale (che ovviamente non vi sveliamo), rea di esplicitare un po’ troppo il messaggio. Ma fa comunque piacere che un cortometraggio così attuale e spavaldo si stia facendo valere in giro per i festival, a partire da quello di Clermont-Ferrand dove ha avuto l’onore di rappresentare l’Italia nel febbraio scorso.

Stefano Coccia

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