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Mary e il fiore della strega

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VOTO: 7

Oltre la magia

Ci sono diversi mondi che si incontrano e si mischiano tra loro in Mary e il fiore della strega, un insieme di immaginari che spaziano da quelli suggestivi e ricchi di inventiva di Hayao Miyazaki e arrivano fino a quelli fiabeschi di tanti racconti europei. D’altronde, è indissolubilmente legato allo studio Ghibli e al suo onnipresente universo fantastico questo film di animazione diretto dall’ Hiromasa Yonebayashi di Arrietty e Quando c’era Marnie (entrambi prodotti dallo studio di Myazaki e Isao Takahata) e prima creatura del nascente Studio Ponoc. Come non sentire, infatti, nella vicenda dell’undicenne Mary, alle prese con gli ultimi giorni di vacanza a casa della prozia, tra passeggiate nei boschi e misteriosi fiori in grado di dare straordinari poteri magici, echi di Kiki – consegne a domicilio o de La città incantata? Come non individuare, nei suoi tratti e nella sua animazione a mano fluida e sognante, lo stesso gusto e le stesse suggestioni dei lavori di Takahata?
Ma in questa ennesima variazione sul tema – seguendo, in parte, la lezione stessa dello studio Ghibli (basti pensare al Castello errante di Howl o a I racconti di Terramare) – c’è anche molto di quel mondo fantastico e occidentale (la vicenda è tratta dal libro per ragazzi “La piccola scopa” di Mary Stewart) capace di fare di Mary e il fiore della strega, tra le altre cose, un interessante ibrido tra “Alice nel paese delle meraviglie” e la saga di Harry Potter. È così che, tra gatti misteriosi, scope volanti e scuole di magia, si dispiega un racconto di formazione che porta con sé, inevitabilmente, un senso marcato di déjà vu, pieno com’è di quei miti, quelle favole e quelle storie di cui pare essersi da sempre nutrito.
Ma è pur sempre figlio di Miyazaki e del suo mondo, Yonebayashi, animatore per decenni nella sua fucina di sogni e fantasie. Ecco allora comparire, nella rocambolesca educazione alla vita di Mary, una metafora tanto esplicita quanto significativa che ricorda da vicino i temi cari al Maestro, un’invettiva e un monito contro ogni forma di prevaricazione, contro quella magia (leggi: scienza e tecnologia) che, spesso e volentieri, cerca di piegare brutalmente la natura e il mondo stesso al proprio volere.
Forse è proprio per questa somiglianza e sudditanza a una lezione e a un modello da cui pare non riuscire mai del tutto a smarcarsi ma di cui, allo stesso tempo, fatica a replicarne l’inventiva e l’originalità assoluta, che Mary e il fiore della strega, per quanto indubbiamente suggestivo ed emozionante, rimane relegato a una sensazione di già visto, accontentandosi – si fa per dire – di essere una semplice, bellissima fiaba.

Mattia Caruso

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