La paura ha le orecchie del coniglio
Per la seconda volta, l’autore pluripremiato Donato Carrisi si cimenta dietro la macchina da presa per dar vita alla sua ultima opera: L’uomo del labirinto, thriller psicologico incisivo sulla carta, un po’ meno cinematograficamente.
Al centro della storia, la giovane Samantha Andretti, rapita una mattina d’inverno e ritrovata 15 anni dopo. Per scoprire cosa le è successo, il film si svolge su due binari paralleli: quello della ragazza in ospedale, interrogata dal profiler dottor Green (che a tratti ricorda la versione sadica dell’agente speciale David Rossi del telefilm Criminal Minds), interpretato da un sornione quanto ambiguo Dustin Hoffman, e quello dell’investigazione ‘sul campo’, protagonista il detective privato (malato terminale) Bruno Genko, cui dà vita (e morte) un Toni Servillo in gran forma. Se Hoffman cerca la chiave del mistero nel labirinto della mente di Samantha, Servillo vi si immerge fisicamente, iniziando la propria discesa agli inferi sino ad arrivare alla fine del suo labirinto.
Labirinto mentale e labirinto fisico si sfiorano e si intrecciano, ed il solo a conoscerne la via d’uscita è l’inquietante Bunny, uomo con la testa di coniglio e gli occhi a forma di cuore che è l’anima nera del film; a metà tra il Bianconiglio di Alice e l’immaginario coniglio Harvey, Bunny è il protagonista di uno strano fumetto che, come in un gioco di specchi, prende vita, e sotto la cui maschera si cela lo psicopatico assassino. Ma nel labirinto ci sono paure nascoste dietro ogni porta; la claustrofobia, il terrore del buio, sono le paure mai vinte del nostro io bambino che Carrisi mette prepotentemente in scena in un’atmosfera kafkiana.
Ne L’uomo del labirinto ritroviamo anche il Limbo ed i suoi custodi, Mila Vasquez e Simon Berish (Vinicio Marchioni) e altri richiami al “Suggeritore”, primo romanzo e bestseller di Carrisi; come in un puzzle, i pezzi sul tavolo si mischiano e prendono forma pian piano, ma il disegno finale risulta pressoché confuso. Nella trasposizione cinematografica del suo libro, Carrisi regista non fa mancare il thriller, la suspense ed i colpi di scena; ma a differenza del romanzo, qui l’insieme è a tratti farraginoso.
Girato in toto a Cinecittà e con l’ausilio del digitale, il film è ben confezionato; ha una buona fotografia e scenari interessanti, ed un punto di forza nell’interpretazione degli attori: Hoffman, Servillo, Marchioni ed una intensa Valentina Bellè riescono nell’intento di portare lo spettatore al centro del labirinto e ritorno.
Michela Aloisi