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L’ultima vendetta

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VOTO: 6,5

Dove giacciono i corpi, cresceranno degli alberi

Dopo essere stata presentata nella sezione “Orizzonti Extra” dell’80esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, arriva nelle sale italiane con Vertice 360 a partire dal 17 luglio l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Robert Lorenz dal titolo L’ultima vendetta (In the Land of Saints and Sinners).
Qui al suo terzo lungometraggio, il cineasta statunitense, conosciuto tra gli addetti ai lavori per essere l’aiuto regia e il produttore di moltissimi film di Clint Eastwood, torna a collaborare per la seconda volta consecutiva con Liam Neeson dopo Un uomo sopra la legge. Nella pellicola del 2021, l’attore irlandese vestiva i panni di Jim Hanson, un ex cecchino scout del Corpo dei Marines degli Stati Uniti e veterano della guerra del Vietnam che ritiratosi in una città di confine dell’Arizona per fare l’allevatore decide di aiutare un ragazzo a sfuggire ad un’associazione criminale messicana. In L’ultima vendetta invece Neeson torna nella sua terra natia per indossare quelli di un assassino in pensione che lotta per la sua redenzione, dopo un passato segnato dal crimine e da scelte sbagliate. Ansioso di lasciarsi alle spalle il proprio oscuro passato, l’uomo di nome Finbar Murphy conduce una vita tranquilla nella remota cittadina costiera di Glencolmcille, lontano dalla violenza politica che attanaglia il resto del Paese. Quando arriva una minacciosa banda di terroristi, guidata da una donna spietata chiamata Doireann, Finbar scopre presto che uno di loro ha abusato di una ragazzina del posto. Finbar si ritrova così a dover decidere se rivelare la sua identità segreta o difendere la sua comunità e i suoi amici. Ma nella terra dei santi e dei peccatori come recita il titolo originale ci sono peccati che non possono essere sepolti, ecco allora che il protagonista si trova costretto a ricorrere alle maniere forti e a rispolverare le abilità di un tempo. Il ché non può che riportare alla mente il Mills della trilogia di Taken.
Cambiano quindi le carte in tavola ma non la sostanza, con Lorenz che girandoci intorno porta sullo schermo più o meno lo stesso plot e personaggio principale del film precedente, rievocando furbescamente e ammiccando anche a una figura chiave della filmografia di Neeson, ossia quella del già citato Mills. Gli sceneggiatori di turno, ossia Mark Michael McNally e Terry Loane, in questo non hanno aiutato il regista di Chicago a variare il portfolio narrativo e drammaturgico. Il ché non gioca di certo a favore della causa, con l’autore che finisce così con il ripetere e ripetersi in un déjà-vu che vede l’azione spostarsi oltreoceano nell’Irlanda degli anni Settanta per dare forma e sostanza a period-film in cui il thriller si mescola con le dinamiche del revenge movie. Questo mix vede due trame, quelle dei terroristi imboscati e del killer in cerca di redenzione, intrecciare i rispettivi fili drammaturgici per creare una sceneggiatura che vive di sussulti e al contempo vacilla a causa dell’incapacità degli autori di farle coesistere e interagire. Se la prima non ha la forza e la credibilità richiesta per rievocare le complesse e vicende legate all’IRA come è stato invece per Nel nome del padre, Bloody Sunday o Hunger, la seconda ricorre agli stilemi e alle dinamiche del revenge con più convinzione ed esiti sicuramente più apprezzabili. Le due anime purtroppo non riescono ad amalgamarsi completamente, ma per fortuna c’è un attore come Neeson a tamponare la situazione e ad attirare su di sé e sul sua interpretazione l’attenzione del pubblico. Non si può dire la stessa cosa della collega di set Kerry Condon che nel ruolo Doireann risulta troppo carica, consegnando una performance al di sotto delle precedenti in This Must Be the Place e Gli spiriti dell’isola.

Francesco Del Grosso

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