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Los reyes del mundo

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VOTO: 7,5

Una terra promessa

Dopo avere visto Los reyes del mundo alla 14esima edizione del Bif&st, dove è stato presentato in concorso nella sezione “Panorama Internazionale” dopo l’anteprima mondiale al Festival di San Sebastián 2022, siamo convinti una volta di più del fatto che colei che lo ha diretto, vale a dire Laura Mora Ortega, sia uno dei grandi talenti del panorama latinoamericano contemporaneo. La sua opera seconda, non a caso scelta dalla Colombia come rappresentate alla corsa all’Oscar per il miglior film straniero, ne conferma le indubbie qualità, le stesse che erano venute alla luce nel 2017 con un esordio che aveva messo d’accordo pubblico e critica dal titolo Matar a Jesús, che noi di Cineclandestino avevamo avuto il piacere di incrociare e apprezzare in occasione del passaggio al 28° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina.
Il cinema autentico, crudo, libero e sovversivo della regista colombiana trova in questa nuova fatica dietro la macchina da presa ulteriore espressione, traducendosi ancora una volta in un romanzo di (de)formazione che non fa sconti a nessuno, ai giovani personaggi di turno, tantomeno al pubblico che li seguirà nel lungo e pericoloso cammino che decideranno di affrontare per raggiungere la “terra promessa”. Un viaggio di crescita fisico ed emozionale, che segnerà in maniera indelebile ciascuno di loro. Loro sono Rá, Culebro, Sere, Winny e Nano, cinque ragazzi che vivono per le strade di Medellín. Avendo ormai perso ogni contatto con le loro rispettive famiglie, i cinque vivono tutti insieme, formando un clan fraterno. Dandosi sempre sostegno l’un l’altro in nome della loro amicizia, il gruppo vive in un mondo senza leggi all’insegna della disobbedienza e della resistenza. Quando abbandonano la città per addentrarsi nell’entroterra colombiano, i cinque sperano di raggiungere l’appezzamento di terra che Rá ha ereditato dalla sua defunta nonna in quel di Nechi. Il loro viaggio alla ricerca di un posto nel mondo, simboleggiato dal piccolo pezzo di terra, li porterà a stringere nuove amicizie, affrontare nuovi pericoli e trovare, seppur per un breve periodo, delle figure materne fuori dalla norma.
Come il precedente, anche Los reyes del mundo è uno sguardo realistico e puntato sugli ultimi, su quegli invisibili che provano a sopravvivere in una Società che li rinnega e contro la quale provano a lottare in un corpo a corpo loro malgrado impari. Uno scontro, questo, che si traduce in un film fisico, fatto di corpi martoriati, che si trascinano per inerzia, costantemente in bilico tra la vita e la morte, la disperazione e la speranza. Il risultato è un intenso dramma giovanile on the road, nel quale la Ortega insegue i personaggi (ancora una volta affidati a non attori che bucano lo schermo) in una corsa contro tutti e tutto, anche contro loro stessi. Non mancano i momenti forti (il sequestro dei cinque protagonisti o ancora il combattimento intorno al fuoco tra Rá e Winny), difficili da digerire per la verità che sprigionano sullo schermo, che si innestano in sequenze di puro lirismo (vedi i monologhi in voice over nella foresta o davanti al burrone a ralenti) che aprono spiragli di luce nel buio di un’opera dove si respira un’aria di malessere che ti resta attaccato addosso anche al termine della visione.

Francesco Del Grosso

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