Affetti in affitto
Il marito di Shiori decide di non partecipare a un seminario che avrebbero dovuto seguire assieme. Shiori chiede a Junnosuke, un sostituto presentato dal collega di Shiori, di unirsi al seminario in vece del marito. Soddisfatta di Junnosuke, la donna affitta segretamente un appartamento e inizia con lui una vita pseudo-matrimoniale.
Quanto letto nella sinossi di Double Life, opera prima di Enen Yo presentata nel concorso della sezione “Panorama Internazionale” della 14esima edizione del Bif&st, potrebbe sembrare alquanto bizzarro se non fosse pratica comune in Paesi come il Giappone. Dunque quanto accade alla protagonista della pellicola del regista cinese, qui interpretata da una Atsuko Kikuchi straordinaria nel comunicare allo spettatore il ventaglio di emozioni e sensazioni che attraversano il personaggio che le è stato affidato, non è il frutto dell’immaginazione dello sceneggiatore di turno, bensì la pura e semplice realtà. Nel Sol Levante esiste infatti un regolare servizio che permette di affittare persone sostitutive per eventi importanti o per far parte della propria vita. Insomma, degli attori che prendono il posto di persone assenti e consolano la solitudine dei clienti. Se non bastasse, la prova che tale servizio esista veramente arriva anche dal cinema, in particolare da un maestro del calibro di Werner Herzog, che ha trattato questo tema nel suo film del 2019 Family Romance, LLC.
Non si tratta dunque di storie di letto tra amanti e di relazioni clandestine, tantomeno di prestazioni a pagamento con gigolò o prostitute, ma di qualcosa di diverso in cui i sentimenti e i rapporti sessuali, almeno sulla carta e sul contratto che legalmente viene stipulato tra le parti, vengono congelati e messi di parte. In un’epoca in cui emozioni, sentimenti e dinamiche affettive vengono meno o anestetizzati, figure come quelle di Junnosuke vanno a colmare quei vuoti che spesso si vengono a creare tra le coppie o nei singoli per via di quel “malessere interiore” che si chiama solitudine e bisogno di condivisione. Ma quando i termini del contratto vengono meno, come nel caso di Shiori e dell’attore che ha scelto come marito surrogato, a causa delle cosiddette “conseguenze dell’amore”, allora sullo schermo e nei personaggi che lo animano si innesca un cortocircuito sentimentale e una reazione a catena che rimette tutte le emozioni in gioco.
Per il suo Double Life, Enen Yo costruisce un delicato melodramma che ha nell’intensità di alcuni momenti (vedi le scene della recessione del contratto e del confronto verbale tra Shiori e il suo vero marito) e nel rigore formale attraverso il quale li mette in scena, oltre che nella recitazione degli interpreti chiamati in causa, il punto di forza. Dove al contrario la forza viene meno è nel ritmo volutamente dilatato del racconto. Una lentezza spesso eccessiva, soporifera e non richiesta dal testo e dalle dinamiche che ne scaturiscono. Il ché genera dei momenti di stasi eccessivi che non aiutano la fruizione a coinvolgere totalmente lo spettatore e raffreddano un po’ troppo quelle emozioni che invece vorrebbero in tante altre occasioni implodere sullo schermo. Ciò rappresenta un limite che toglie potenza all’opera nel suo complesso, ma al contempo non è così devastante da offuscare quanto di efficace e meritevole di attenzione ha dimostrato di avere in termini di scrittura, perfomance attoriali e messa in quadro, quest’ultima geometrica, funzionale, non invasiva ed essenziale come da lezione ozuniana.
Francesco Del Grosso