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Little Trouble Girls

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VOTO: 7.5

Età difficili

Una piacevole sorpresa è arrivata a questa 75° edizione del Festival di Berlino direttamente dalla Slovenia. Stiamo parlando dell’intenso lungometraggio Little Trouble Girls, opera prima della regista Urška Djukić, qui presentata in anteprima mondiale. Perché, dunque, questo film di Djukić è così interessante da meritare un’attenzione particolare? Presto detto.

La storia messa in scena in Little Trouble Girls, infatti, è quella della sedicenne Lucija (impersonata dalla promettente Jara Sofija Ostan), la quale ha da sempre ricevuto un’educazione particolarmente rigida (sia da parte della sua famiglia, che da parte della sua scuola cattolica) e che, dopo essersi iscritta al coro del suo istituto scolastico, fa immediatamente amicizia con la frizzante Ana Maria (Mina Švaiger). Nel momento in cui le ragazze si recheranno per qualche giorno, insieme al loro insegnante di musica, in un remoto convento, al fine di fare le prove per un concerto, un gruppo di giovani muratori che si trovano sul posto per effettuare alcuni lavori di ristrutturazione cattureranno immediatamente l’attenzione di Lucija e delle sue amiche. In che modo, dunque, i precari equilibri tipici della loro età verranno minacciati?
Lucija è una ragazza timida e introversa. Educata secondo rigidi principi cattolici, alla ragazza non è permesso nemmeno di mettersi il lucidalabbra. Per lei, la sessualità è stata sempre considerata come un tabù (particolarmente divertente la scena in cui la ragazza, insieme a sua madre, vede per caso in tv una scena di sesso), al punto che non ha nemmeno mai dato il primo bacio. Ana Maria, al contrario, è il suo esatto opposto: disinvolta, talvolta persino spregiudicata, appariscente e con molta più esperienza di lei per quanto riguarda l’altro sesso. Tra le due nasce subito un’amicizia che si fa via via sempre più ambigua. Lo status quo, in un modo o nell’altro, sta per cambiare per sempre. Ma, d’altronde, si sa, questa è un’età in cui nulla è destinato a restare com’è.

Nel mettere in scena i tormenti adolescenziali della giovane Lucija, dunque, la regista si è rivelata particolarmente arguta nel cogliere anche la più sottile delle sfumature. Ed ecco che, immediatamente, in questo piccolo e prezioso Little Trouble Girls, sono raffinati giochi di sguardi, primi e primissimi piani, dettagli e frasi non dette (insieme a statue di Madonne a volte eccessivamente “onnipresenti”) a fare da perfetti coprotagonisti all’interno di un delicato, ma anche dolente e doloroso coming-of-age in cui nulla è dato realmente per scontato.
Già, perché, di fatto, sebbene le tematiche trattate in Little Trouble Girls siano già state più e più volte affrontate, nel corso degli anni, da numerosi cineasti in tutto il mondo, bisogna riconoscere che Urška Djukić ha saputo trovare una propria dimensione e una propria cifra stilistica, rendendo questa sua opera prima un lungometraggio delicato, personale e mai banale o scontato, che, attraverso la storia di una singola persona, effettua anche una (non tanto) velata critica a un paese come la Slovenia, in cui la religione, in determinate realtà, sembra svolgere costantemente un ruolo centrale, sebbene, paradossalmente, siano proprio determinati esponenti religiosi, talvolta, a mostrare grande comprensione per le “debolezze” umane (particolarmente interessante, a tal proposito, è la chiacchierata tra Lucija, Ana Maria e una suora del convento).

Una storia personale, dunque, che si fa immediatamente universale (e in cui in molti potrebbero riconoscersi). Con Little Trouble Girls, la regista ha lasciato il proprio segno all’interno del vasto programma di questa 75° Berlinale. E chissà quante altre soddisfazioni ci regalerà in futuro!

Marina Pavido

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