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La scuola prossima

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VOTO: 6.5

Aule vuote, schermate piene

Sin dal titolo, La scuola prossima non ambisce ad essere solamente uno scontato documentario di denuncia su una situazione – quella dell’istituzione scolastica pubblica in Italia – che già di suo versava in condizione non esattamente floride. Come ovvio la pandemia ha provveduto ad aggravare una condizione per molti versi preoccupante di suo.
Il film diretto dal torinese Alberto Momo prende spunto da una scuola per l’appunto di Torino al fine di provare a trarre un sommario bilancio di come il lockdown intercorso nei primi mesi del 2020 abbia radicalmente mutato le abitudini di professori e studenti con la chiusura della scuola in presenza. Il risultato è un prodotto assai più simile ad un’inchiesta giornalistica piuttosto che ad un documentario di statura cinematografica. Una scelta forse inevitabile una volta preso atto dell’argomento nonché dei mezzi a disposizione. Comunque capace di ottenere il proprio scopo: quello di far riflettere su come l’emergenza sanitaria abbia accentuato i divari sociali ma anche sul futuro stesso dell’istruzione, ponendo il dubbio se quella a distanza non sia in effetti una possibilità futuribile di cui usufruire su larga scala. Ad un primo sguardo si sarebbe tentati di rispondere negativamente. Troppo importante il contatto umano nella crescita di un individuo ancora in formazione. Discorso valido, a maggior ragione, per i bambini piccoli delle materne o dei primi anni di scuola dell’obbligo. Vederli “imprigionati” in affollate schermate di personal computer – che il documentario mostra spesso – desta più di una qualche perplessità. Eppure La scuola prossima porta avanti anche esempi differenti. Di studenti delle superiori che hanno trovato una loro dimensione scolastica, aumentando il rispettivo profitto, proprio grazie all’istruzione in remoto, cioè via internet.
Impossibile tacere, però, sulle difficoltà acuite dalla crisi dovuta al covid19. La mancanza quasi assoluta di mezzi tecnologici per l’istruzione a distanza rappresenta un problema che è emerso da subito. Una totale impreparazione – da parte della struttura pubblica, non certo dei volenterosi insegnanti – di fronte all’emergenza coronavirus che si è specchiata nella precaria condizione economica di molte famiglie. Genitori con prole i quali, potendo magari contare su contratti di lavoro a tempo determinato oppure addirittura in nero, si sono ritrovati quasi dall’oggi al domani in condizioni di bisogno assoluto. In un frangente de La scuola prossima – titolo che preconizza un futuro che al momento appare del tutto inaccessibile per molti – un’insegnante racconta che, alla domanda se un piccolo studente avesse potuto fornirsi della webcam necessaria per il collegamento a distanza, la risposta sarebbe stata che al momento non c’erano soldi per mettere il cibo in tavola. Qualcosa che dovrebbe far riflettere uno stato assente, che si è sovente “affidato” alle associazioni di volontariato per far fronte ad emergenze di questo tipo. Un ulteriore monito in vista dei rimborsi previsti dalla comunità europea al nostro paese a seguito dei danni subiti per la pandemia: utilizzare parte dei fondi per dotare la scuola pubblica di strumenti adeguati per fronteggiare qualsiasi situazione sarebbe tutt’altro che una cattiva idea.
C’è da sperare che, grazie anche al dibattito generato da opere come questo La scuola prossima – presentato nell’importante sezione Fuori Concorso/Doc del Torino Film Festival 2020 – si possa arrivare a soluzioni di tale tipo. Lo meriterebbero ampiamente tutti coloro che si stanno strenuamente impegnando, tra insegnanti e alunni, a far sì che la scuola diventi quello strumento formativo sempre migliore e al passo con i tempi. Staremo a vedere.

Daniele De Angelis

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