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La reconquista

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VOTO: 7

Alla ricerca del tempo perduto

Tutto in una notte. A Madrid. E ai due protagonisti spetta un’esperienza di quelle che lasciano il segno: come accorciare le distanze createsi in parecchi anni, ricordando un primo amore adolescenziale vissuto intensamente e misurando così i cambiamenti intervenuti nelle loro vite, partendo sia dalle piccole cose che da scelte più importanti e durature. Sì, perché nel frattempo Olmo si è imbattuto in una storia seria e sta andando a convivere con la propria donna, mentre la sua fidanzatina dell’epoca, Manuela, ha avuto trascorsi recenti in Argentina, è abituata a una vita più irregolare e ha cambiato spesso partner. Quasi seguendo un’inclinazione di famiglia, visto che ne conosceremo subito il padre, personaggio altrettanto irrequieto nonché cantautore impegnato in una accesa serata musicale, al quale i due faranno visita a notte inoltrata. E nell’atmosfera incantata, sospesa, sottilmente straniante del locale risuonano i versi delle sue canzoni. “Debe estar la Arcadia en flor / Tras de las puertas de bronce del tiempo”. Lui è Rafael Berrio e questa sua canzone, che si intitola per l’appunto Arcadia en flor, ci risulta composta appositamente per il film. Ma a coinvolgere emotivamente è anche un altro brano più volte proposto assieme alla sua band, gli Amor a Traición: nel testo della nostalgica, appassionata Somos siempre principiantes pare quasi di scorgere la chiave di un così romantico e malinconico lungometraggio.

Insomma, si può tranquillamente dire che il figlio d’arte Jonás Trueba al suo quarto lungometraggio da regista e dopo altre prove convincenti abbia completamente indovinato i toni, le atmosfere, la descrizione filmica di stati d’animo delicati e sofferti. Specie nella primissima parte, allorché il senso dell’attesa alimenta la reciproca curiosità conferendo spessore ai dialoghi che caratterizzano l’incontro dei due innamorati di un tempo, seduti uno di fronte all’altro in un modesto ristorante orientale; oppure più avanti, quando i primi piani dei due o le inquadrature dei diversi avventori del night club si sposano perfettamente con la musica di Rafael Berrio.
La cura dei dialoghi e la sobria precisione del linguaggio cinematografico fanno sì che La reconquista diventi strada facendo, anche in virtù di flashback intercalati con naturalezza nel racconto, un gioiellino in cui il sentimentalismo la fa da padrone senza però mai diventare posticcio, stucchevole, conservando anzi quelle note acidule che lo rendono più sincero. A ciò contribuisce anche la bravura dei due protagonisti, ovviamente: la graziosa Itsaso Arana e quel Francesco Carril che per lo stesso regista aveva già interpretato Los ilusos (2013) e Los exiliados románticos (2015). Per conoscere meglio la sua filmografia, tra l’altro, il Festival del Cinema Spagnolo (dove abbiamo rintracciato anche La reconquista) sta diventando un appuntamento imprescindibile.
Qui ne deriva pertanto una (forse impossibile) ricerca del tempo perduto che possiede la grazia del cinema di Linklater, abbinata alla finezza psicologica riscontrabile in tante pellicole di Rohmer, soprattutto per quanto concerne la struttura dei dialoghi. E così finiamo per perdonargli persino quella ripresa da dietro del protagonista in vespa, la cui eco blandamente morettiana appare invece un po’ troppo telefonata.

Stefano Coccia

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