Anatomia di un omicidio
Cosa mai può accadere quando un intellettuale dalla spiccata lungimiranza finisce con l’approfondire alcuni eclatanti fenomeni criminosi accaduti all’epoca in una democrazia “malata” come storicamente è quella italiana? Nient’altro che un corto circuito, un riflesso pavloviano del potere incancrenito che non poteva non prevedere l’eliminazione fisica di colui che aveva osato osservare da vicino e ragionare sulle deviazioni di una dissennata strategia del terrore atta, semplicemente, a mantenere uno status quo capace di soddisfare parecchi appetiti.
Tale premessa è necessaria per comprendere al meglio le ragioni a monte di un lungometraggio come La macchinazione, che il regista David Grieco ha modulato pressoché interamente proprio su questo assioma. Sbagliando, purtroppo, completamente un film che rinnega, a partire dalla proprio evoluzione narrativa, il suo stesso titolo. Il terribile, complesso, complotto che avrebbe dovuto rendere noto La macchinazione, infatti, è come se non esistesse, vista la semplificazione a cui si è andati incontro in fase di sceneggiatura, partorita dal regista assieme a Guido Bulla. Non c’è infatti nulla di nuovo che non si potesse apprendere da una qualsiasi lettura storica fuori dai canoni sul turpe omicidio di Pier Paolo Pasolini accaduto nel funesto novembre del 1975. C’è l’invettiva di prammatica verso i servizi deviati che costrinsero il giovane Pino Pelosi ad una confessione preconfezionata; c’è l’avanzamento di più di un sospetto nei confronti di quello che poteva essere il cosiddetto “uomo forte” destinato a rivestire il ruolo di gran burattinaio delle vicende italiane del periodo (Eugenio Cefis, piduista acclarato e presidente del potente gruppo industriale Montedison, in fuga verso la Svizzera poco tempo dopo l’omicidio di Per Paolo Pasolini). Ed è presente il ritratto assai convenzionale di una gioventù di borgata romana assai pronta a rispondere al richiamo del denaro, senza curarsi da dove esso provenga. Tutto ciò per quanto riguarda l’aspetto contenutistico del film di Grieco. Il quale fallisce abbastanza grossolanamente l’obiettivo anche da un punto di vista formale, girando in uno stile paratelevisivo privo di qualsiasi soprassalto stilistico, intervallato da immagini, poste ad ogni inizio di sequenza da ritenere pregnante, in bianco e nero che provocano un fastidioso “effetto reportage” che troppo ricorda un qualsiasi programma, per l’appunto, da piccolo schermo.
L’unico merito de La macchinazione, in fondo, è quello di presentare una figura pasoliniana abbastanza differente dall’iconografia tradizionale: non solo l’intellettuale agguerrito culturalmente ma anche in possesso di una certa padronanza fisica che lo spinge alla lotta corpo a corpo e non solo alla difesa personale. Destinato però, inevitabilmente, a soccombere nel tragico epilogo quando la sproporzione delle forze da fronteggiare si farà insostenibile. Lode quindi all’interpretazione di un Massimo Ranieri convinto e convincente nei panni dell’artista a tutto tondo Pier Paolo Pasolini; così come alcuni momenti del film riescono a lasciare il segno poiché del tutto avulsi dal contesto e perciò inaspettati, come il confronto al ristorante tra Pasolini stesso e il ragazzo semi-autistico sulla imprescindibilità di un’istruzione aperta a qualsiasi classe sociale. Duello verbale privo di animosità che avrà, ovviamente, un vincitore a sorpresa…
Nel complesso però La macchinazione resta un’opera mal calibrata, dove l’empatia e il pathos che avrebbero dovuto supportare la visione dello spettatore nei confronti della vicenda messa in scena risultano del tutto assenti. Improponibile, soprattutto per le differenti finalità ma pure per il risultato artistico, il confronto con il recente Pasolini di Abel Ferrara; sovrapporre in maniera compiuta l’immagine di un uomo simbolo della cultura italiana allo sfacelo morale del suo/nostro paese resta a tutt’oggi un’impresa dall’esito (artistico) apparentemente impossibile. Nonostante alcuni film – tipo Pasolini, un delitto italiano (1995) di Marco Tullio Giordana – si siano avvicinati molto di più de La macchinazione all’obiettivo finale. E intanto il tempo continua a scorrere…
Daniele De Angelis