L’estate ci ha inghiottiti
Chi pensava che la Greek Weird Wave fosse già morta e sepolta con lo sbarco oltreoceano di colui che l’ha di fatto battezzata, teorizzata e portata sugli schermi, ossia Yorgos Lanthimos, si sbaglia di grosso. L’eco di quel movimento cinematografico nato nel maggio 2010 in risposta alla crisi economica che travolse il Paese nell’autunno precedente non si è ancora spento nonostante il risanamento della situazione, semmai ha assunto nuove forme, conservando però nel DNA i geni narrativi, estetico-formali e tematici di quel modo di fare e concepire la Settima Arte. Ecco allora che anche a distanza di tempo molti giovani registi greci hanno deciso di continuare a seguire questo stile innovativo e alcuni suoi dettami per i propri film. Uno di questi è Kostis Charamountanis, regista, scrittore, montatore e compositore autodidatta classe 1994, il cui film d’esordio dal titolo Kyuka: Before Summer’s End ha avuto l’onore di aprire la selezione ACID del Festival di Cannes 2024 e più recentemente quella del concorso lungometraggi della 36esima edizione del Trieste Film Festival, laddove è stata presentato in anteprima italiana.
Il cineasta di Atene ha fatto sue quelle narrazioni e quelle scelte stilistiche particolari che contraddistinguevano le pellicole riconducibili al suddetto movimento tanto nei contenuti quanto la confezione, mettendole al servizio di un’opera che mostra le vicissitudini di una famiglia che si reca in barca per le vacanze estive e scopre inaspettatamente i propri segreti. Ci ritroviamo al seguito di un padre single di nome Babis e dei suoi due figli gemelli sulla soglia dell’età adulta, Konstantinos ed Elsa. Il terzetto salpa per trascorrere la stagione balnerare sull’isola di Poros a bordo dell’imbarcazione di famiglia. Tra nuotate, bagni di sole e nuove amicizie, fratello e sorella incontrano, a loro insaputa, la loro madre biologica Anna, che li aveva abbandonati da piccoli. Questo incontro farà riaffiorare in Babis un risentimento a lungo represso, dando vita a un viaggio baciato dal sole ma dolceamaro e di crescita per tutte le persone coinvolte.
Letta la sinossi e visti i primi minuti ci si accorge subito in cosa Kyuka: Before Summer’s End si differenzia dal modello al quale si è dichiaratamente ispirato e rifatto, ossia la veste cromaticamente solare dell’ambientazione, molto distante da quella alla quale la Weird Wave ci aveva abituati, così come vengono meno i contesti domestici e le topografie soffocanti che facevano normalmente da cornice alle storie. L’autore e il direttore della fotografia Konstantinos Koukoulios hanno infatti immerso il tutto in un bagno di colori, dipingendo sullo schermo quadri luminosi, en plein air, fuori dalle quattro mura, accompagnati da musiche di repertorio giocose, che nulla sembrano spartire con la matrice. L’unico circoscrizione e forma di clausura, altro ingrediente riconducibile alla corrente, è data dal 4:3 e nelle scene sottocoperta. Per il resto il campo d’osservazione per l’esplorazione delle dinamiche familiari è piuttosto esteso e si distacca da quella limitata e asfissiante dei film del movimento greco. Eppure sotterranea scorre la cupezza, lo scetticismo e la finzione per il mantenimento delle apparenze di ciò che viene ritratto, vale a dire una famiglia, con chi sta dietro la macchina da presa che finisce con il distruggere ogni momento che minaccia di essere troppo idilliaco e riconciliatorio, se non nell’epilogo. Lo fa entrando a gamba tesa sulle singole situazioni e sulle reazioni dei protagonisti agli eventi, anche quelli potenzialmente positivi. Ed è su questo ossimoro che si poggia l’approccio e il modus operandi dell’autore per cavalcare l’onda della Wave e mettersi nella sua scia.
Restano invece invariate la centralità che la famiglia e le tematiche ad essa legate hanno nel plot, così come invariato è l’elevato dosaggio di surrealismo utilizzato per prendere le distanze dalla verità e dal realismo. Charamountanis abbraccia di conseguenza narrazioni e scelte stilistiche particolari, sicuramente in linea e funzionali al tono scelto per raccontare, ma che all’atto pratico, come nel caso dell’effetto home video, delle scene slapstick e dei frammenti di cinema sperimentale proposti nella timeline, appaiono fini a se stessi e quindi gratuiti. Forzature che rendono Kyuka: Before Summer’s End un surrogato derivativo, che non rendono giustizia a un regista che se trovasse una propria cifra personale siamo sicure avrebbe tutte le carte in regola per fare bene. Il potenziale c’è, va solo liberato dall’emulazione.
Francesco Del Grosso