La sfida della vita
Cabra ha 16 anni ed è un ragazzo ribelle. Vive con la madre nel nord dell’Argentina, al confine con la Bolivia. Il suo unico sogno è diventare un ballerino professionista e partecipare al campionato di malambo, la danza dei gauchos. Un giorno ritorna a casa il padre, El Corto, uscito dal carcere in permesso premio. L’uomo trascina moglie e figlio in un misterioso viaggio nel Norte che riavvicina padre e figlio, finché Cabra e sua madre vengono coinvolti in una brutale rapina.
Se non fosse per gli ultimi trenta minuti dei novanta circa a sua disposizione in cui il film mostra al pubblico un’anima più nera, Karnawal non avrebbe motivo alcuno per essere stato inserito tra i sei titoli chiamati a contendersi l’ambito Black Panther Award del 30° Noir in Festival, che per la cronaca è andato a Wildland della danese Jeanette Nordahl. L’esordio nel lungometraggio del cineasta argentino Juan Pablo Félix, formatosi come aiuto regia alla corte di connazionali del calibro di José Campanella, Lucrecia Martel e Pablo Trapero, se la prende comoda prima di rivelare allo spettatore di turno una componente per così dire più noir e crime che potesse in qualche modo giustificare la presenza nella line-up della kermesse lombarda. Quella stessa componente che si era affacciata in maniera embrionale nel prologo per poi andarsi a nascondere in attesa di riemergere nell’ultimo atto dai mutevoli colori e registri.
In tal senso Karnawal è un film camaleontico che muta pelle strada facendo. Per un’ora circa, infatti, lo spettatore matura nella propria mente l’idea di trovarsi al cospetto dell’ennesima storia incentrata su un giovane aspirante ballerino che cerca di sfuggire alle sue umili origini inseguendo il sogno della danza. Poi le cose cambiano, almeno in parte, quando il protagonista e i suoi genitori salgono in auto per avventurarsi in un viaggio sulle quattro ruote per una meta imprecisata, trasformando il film nel classico road movie familiare. E infine congedarsi con un epilogo più tragico, nel quale la violenza, la paura e un pizzico di tensione (il già citato incipit, la rapina e l’arrivo della polizia in casa per prelevare Cabra accusato di contrabbando) provano a gettare benzina sul fuoco.
Una serie di step, questi, che sottopongono la scrittura e la sua messa in quadro a una mutazione genetica narrativa e drammaturgica che per quanto ci riguarda è l’aspetto più riuscito e interessante dell’operazione, insieme alle pregevoli perfomance davanti la cinepresa degli attori, a cominciare da quella del sempre convincente Alfredo Castro, qui nelle vesti di un padre assente, duro e dalla fedina penale decisamente sporca. Dal canto suo Juan Pablo Félix ne fa tesoro per condurre in porto la sua prima esperienza sulla lunga distanza che, al netto di imprecisioni, incertezze e qualche passaggio a vuoto, offre il suo lato migliore quando approfondisce le dinamiche domestiche piuttosto che quelle criminali e gialle. Sarà per questo che Karnawal è rimasto fuori dal palmares del Noir in Festival? Una domanda alla quale solo la giuria composta da Carlo Degli Esposti, Camilla Filippi e Gianluca Maria Tavarelli può rispondere.
Francesco Del Grosso