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Io, assistente sessuale

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VOTO: 6.5

Gesti d’amore

Presentato in Concorso alla seconda edizione di Visioni dal Mondo – Immagini dalla Realtà, Io, assistente sessuale di Stefano Ferrari è l’occasione per avvicinarsi a un mondo che troppo spesso si immagina lontano se non si tocca da vicino. Questo documentario riesce a far entrare la platea di turno nella realtà dei disabili e del loro desiderio di avere anche un contatto sessuale come tutti, ma lo fa tramite lo sguardo e il percorso di vita di Claire, un’assistente sessuale appunto.
Negli ultimi anni la cinematografia ha iniziato ad interessarsi al tema, basti pensare a The Sessions di Ben Lewin (ispirato alla storia vera del giornalista e poeta californiano Mark O’Brien) o The Special Need di Carlo Zoratti (un on the road per colmare la “necessità speciale” di Enea). In Io, assistente sessuale il regista è riuscito a rendere invisibile il mezzo mentre era, soprattutto, con i pazienti restituendo una fotografia di quella che è la situazione, ma ancor più di quelli che sono i desideri umani che muovono sia chi riceve che chi offre l’assistenza sessuale. «È importante che sappiate che in questo film non vi vengono date informazioni, non ci sono interviste o narrazioni esplicative. Ho cercato l’intimità, l’umanità, la complessità di una donna» ha dichiarato il regista. Pensando anche a Lo stesso mare (girato in co-regia con Christine Fornera e Gerardo Wuthier) in cui non si volevano solo enumerare gli sbarchi degli immigrati, ma si è voluto indagare da dove provengono e raccontare i loro volti e sogni, così anche in quest’ultimo lavoro, Ferrari dà spazio alle persone, comunicando e “denunciando” indirettamente certe situazioni. Innegabilmente in Italia e, durante il dibattito, si raccontava anche che nella Svizzera italiana, non c’è ancora molta apertura nei confronti di questo aspetto, dimenticandosi quanto anche i disabili o chi è molto malato possano avere voglia di piaceri sessuali e affettivi.
Con discrezione l’obiettivo della macchina da presa entra nelle camere di ospedale, ma non solo. Si avverte tutta la delicatezza di approccio con cui la giovane donna tocca il corpo dell’altro e, a sua volta, si fa toccare. Claire ha una personalità tutta da scoprire e una generosità encomiabile che ben si sposa con la sua creatività. Insegna francese, ma tiene anche lezioni di pianoforte, realizza dei mini tableaux sexuelles e scrive drammaturgie teatrali volte anche a educare senza puntare il dito sull’argomento. Non nega che, dal canto suo, magari riesce ad avere libertà nel portare avanti il lavoro di assistenza sessuale anche perché sola, non impegnata sentimentalmente.
Ferrari ci offre la possibilità di ascoltare pure il punto di vista della madre di un paziente, che va oltre certi tabù e offre questo servizio a suo figlio, rimanendo in disparte e rendendosi conto di come quel momento possa essere l’occasione anche per farsi «piacere un corpo che lui non può controllare». Peccato che il documentario risenta di imperfezioni nella resa fotografica, dovute, immaginiamo, ai mezzi utilizzati anche per non risultare troppo invadente. Al di là di questa considerazione tecnica, ci si augura che possa essere visto diventando l’occasione per riflettere su un tabù ancor più vigente da noi e lavorarci in modo tale da scardinarlo.

Maria Lucia Tangorra

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