Colpi di tosse e di scena
Mentre lavora con l’autore e collega Henderson su un romanzo, il traduttore David Moerk riceve una commissione dal suo editore: tradurre un manoscritto del famoso scrittore Germund Rein. Il manoscritto è accompagnato da una lettera in cui l’autore afferma che il libro non può essere pubblicato nella sua lingua originale. David si mette dunque subito al lavoro e si rende presto conto che Rein si è apparentemente suicidato. Scopre anche che all’interno della finzione narrativa ci sono molti elementi della vita reale dello scrittore e probabilmente della sua, come la scomparsa della moglie avvenuta anni prima in Austria, e si troverà catturato dal suo oscuro passato.
A molti di voi questa sinossi ricorderà qualcosa. In effetti, non è farina del sacco dello sceneggiatore di turno, bensì la trama al centro delle pagine di un romanzo breve dal titolo “Rein” che appartiene al passato di Håkan Nesser, considerato dagli addetti ai lavori e non solo tra i grandi esponenti della letteratura gialla scandinava. Un’opera che risale al 1996 e che sta attualmente vivendo una seconda giovinezza editoriale grazie a ristampe e prime edizioni in varie lingue, nonché alla trasposizione che Daniel Alfredson ha portato sul grande schermo all’interno della trilogia Intrigo, presentata nella sua interezza nel corso della 29esima edizione del Noir in Festival.
La trilogia in questione è formata da storie molto diverse fra loro e apparentemente slegate: gli altri due volumi (Samaria e Dear Agnes) narrano, rispettivamente, di uno psicoanalista alle prese con una donna che ha una storia molto particolare da raccontare, e un insegnante di liceo che un giorno scopre di essere stato sostituito da un suo doppione. Il cineasta svedese, che di operazioni analoghe ha saputo fare il suo biglietto da visita internazionale (vedi la miniserie televisiva in quattro episodi Millennium e i due film per il cinema), ha messo la firma su questo primo adattamento battezzato Death of an Author. Per creare un legato genetico con gli altri pezzi del mosaico, Alfredson ha fatto leva su temi (il tempo, la violenza e il senso di colpa) e atmosfere comuni, dando origine a un filo rosso che percorre i racconti e il DNA dei personaggi (il fatto che quasi tutti i protagonisti appartengano alla sfera intellettuale o accademica).
L’anima mistery ovviamente è il motore pulsante anche di questo capitolo iniziale, nobilitato dal contributo davanti la macchina da presa di un grande del panorama mondiale come Ben Kingsley, qui nelle vesti del comprimario Henderson. Presenza, quella dell’attore britannico, che a conti fatti si rivela però quantificata in una manciata di pose che servono più che altro ad avere un nome di peso sulla locandina. Il carico maggiore, infatti, ricade sulle spalle del collega tedesco Benno Fürmann, qui nelle vesti di David Moerk. La sua interpretazione risulta credibile, anche quando la scrittura comincia strada facendo a ripiegarsi su se stessa trasformando i personaggi in pedine di una partita a scacchi ingarbugliata più che intrigata.
Alfredson eredita da Nesser un thriller a scatole cinesi inizialmente coinvolgente, poi via via sempre più dispersivo, meccanico e prevedibile nei suoi incastri. Il tentativo costante di mescolare le carte con depistaggi e improvvise svolte sino all’ultimo frame utile, compreso il colpo di scena in zona Cesarini, non sortisce gli esiti sperati, consegnando alla platea un mistery che si scioglie come neve al sole. Peccato perché il potenziale per fare meglio c’era tutto. Se Death of an Author è l’anello debole della trilogia lo potremo dire solo al termine delle visioni, per il momento la partenza incerta non ci lascia che sperare in una pronta ripresa. Nel frattempo incrociamo le dita, anche se voci di corridoio su Samara non sono particolarmente incoraggianti.
Francesco Del Grosso
“scatologico” ?!?! Ovvero parla di cacca, pupù ?
😀
Ehm correggete !