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Intervista ad Angelo Marotta

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Sulle tracce del Demonio di Rimondeto

Prodotto con pochi soldi, ma con tanta passione, Il Demonio di Rimondeto si avvale della docu-fiction quale strumento per far rivivere una storia di tanti secoli fa. Una storia? Sarebbe meglio dire più storie, sospese in certi casi tra leggenda e realtà, rimaste vive ad ogni modo nella memoria collettiva di determinate luoghi dell’Italia centrale. Le fosche imprese di Vitale da Rimochi detto anche “il Demonio di Rimondeto”, innanzitutto. Ma i tenebrosi racconti riguardanti questo brigante che, quantomeno nel ravvedersi intervenendo a favore di una giovane coppia vessata dal signorotto locale, può quasi ricordare certe figure manzoniane, riportano alla luce tante altre vicende, da quelle dei Conti Alberti detti anche “Conti Rabbiosi” alle sanguinose lotte per il Soglio pontificio, nella Roma del Medio Evo. Di tutto questo e di molto altro ancora abbiamo parlato con Angelo Marotta, che di tale docu-film è uno degli autori e il regista.

D: Per prima cosa, Angelo, vorrei sapere da te in quali circostanze sei venuto a conoscenza di tutte queste storie, antiche e fosche, riguardanti la leggendaria figura del Demonio di Rimondeto. Quando poi hai cominciato ad approfondire tutto ciò, l’idea di trarne un film è arrivata subito o è maturata nel tempo?
Angelo Marotta: Per rispondere a questa domanda, Stefano bisogna fare un passo indietro. Ti spiego: io faccio parte di un gruppo di ricerca sui fenomeni paranormali, con sede a Prato; ci occupiamo di indagare su fatti misteriosi, di acquisire le prove, analizzarle ed archiviarle… e quando mi trasferii qui a Vernio, dove abito tutt’ora, mi parlarono del castello di Sasseta, all’interno del quale, secondo gli abitanti del paese, alloggiava il fantasma di Valfredo degli Alberti. Io da buon ricercatore ci andai, parlai con il proprietario e lui mi raccontò il motivo perché fu ucciso, ma soprattutto da chi; ed è qui che esce fuori la figura di Vitale da Rimochi, bandito della Val di Bisenzio il quale un giorno, preso da una ninfa di bontà (come si usa dire qui in Toscana), decise che doveva fare qualcosa per il suo paese, dove per anni era stato odiato e temuto. Da qui la liberazione dei ragazzi.
Diciamo che appena sono tornato a casa ho cominciato ad approfondire la storia, per quanto mi era possibile; la storia mi appassionò così tanto che ne feci quasi un racconto, non sapendo che in paese era già stata recitata da una compagnia teatrale e dai bambini di una scuola.
La decisione di farne un film è arrivata poco dopo, anche se devo dirti la verità, in principio doveva essere un cortometraggio… poi però abbiamo girato qualcosa di più, come puoi vedere.

D: La forma data a Il Demonio di Rimondeto è alquanto insolita, con la primissima parte caratterizzata da un taglio maggiormente documentario e una parta successiva in cui prevalgono, invece, le scene di finzione. Come mai avete optato per un docu-film impostato in tale maniera?
Angelo Marotta: Sinceramente, e questo è solo un mio modesto parere, ci mancherebbe, non ci vedo nulla di insolito, dovendo raccontare una storia a qualcuno… ovvio poi che tale risposta non vuol essere polemica in alcun modo. Solo che ho già realizzato altri docu-film, tra cui quello sui delitti del mostro di Firenze, ma in quel caso la storia, purtroppo, era già nota a tutti, quindi ho dovuto lavorare diversamente rispetto al Demonio di Rimondeto. Da parte mia e degli autori, che ricordo trattarsi di Alberto Dragotto e Anna Grazia Conte, si è voluto far prevalere la parte storica proprio per far capire a chi non conosceva la storia in quale contesto ci trovavamo.

D: Qual è stata a livello produttivo la genesi e la realizzazione del film? Sia dalla sua visione che da certi spezzoni di backstage, che abbiamo recuperato in seguito, si fa strada l’idea di una troupe decisamente autarchica ma che ha cercato comunque di fare le cose con cura, specialmente nelle sequenze di fiction in cui si nota anche l’utilizzo di un drone.
Angelo Marotta: Devo e voglio risponderti con assoluta sincerità, tutta la genesi del film è stata quasi una tortura, bada bene, per un semplice fatto: i soldi erano pochi e abbiamo dovuto lavorare con un budget modestissimo che si aggirava sui duemila euro. Per questo vorrei che il film venisse giudicato, oltre che per la qualità tecnica, per la regia, anche per l’impegno profuso: credimi, ci siamo veramente fatti un mazzo come una casa per poter realizzare questo progetto e portarlo sul “grande schermo”.
Come ben sai, quando il danaro manca i problemi insorgono sempre; succede anche quando il danaro c’è… figuriamoci quando non c’è.
Grazie comunque al comune di Vernio abbiamo avuto il patrocinio gratuito, col quale abbiamo potuto girare interni ed esterni a costo zero.
Prima ti parlavo di duemila euro, soldi che sono stati raccolti grazie agli utenti dei social network nei quali siamo iscritti.
Abbiamo cercato di recuperare i vestiti da alcune associazioni come i Frates di Fucecchio, nella persona di Stefano Caverni che ci tengo a ringraziare, i quali ci hanno fornito i vestiti prestandoceli e non chiedendoci nulla in cambio, se non un po’ di pubblicità.
Tante associazioni e privati ci hanno aiutato durante questo percorso, ed è proprio grazie a loro che siamo riusciti a finire il tutto, per cui te lo dico con estrema franchezza, non so se senza il loro aiuto saremmo riusciti ad arrivare fino in fondo.
Sì, abbiamo usato il drone in alcune scene, vedi backstage; purtroppo avendolo preso proprio in quel periodo non siamo riusciti a sbizzarrirci come volevamo, non essendo ancora molto esperti nella sua guida.

D: Cosa puoi dirci, in breve del tuo rapporto coi luoghi che fanno da sfondo alla vicenda?
Angelo Marotta: Nei luoghi della vicenda ci vivo, tutti i posti o almeno quasi tutti sono adiacenti a casa mia. Non arrivo magari a dirti dove abito, salviamo qui un po’ di privacy, ma sappi che avevo quasi tutto a portata di mano. Spesso quando ho tempo, anche se ormai il film è finito, prendo un libro e vado a leggerlo proprio in quei boschi, dove abbiamo girato Il Demonio di Rimondeto.
Che dire, io amo questo posto, ormai è parte di me.

D: Molto interessante ci è parsa la ricerca storica e letteraria a monte del film, con citazioni dantesche, documenti medioevali e folclore locale fatti dialogare bene tra loro. Come si è svolta questa parte del vostro lavoro?
Angelo Marotta: Per questa risposta mi trovi leggermente in difficoltà, e ti spiego il perché: la ricerca storica di tutto il docu-film è stata fatta in gran parte da AnnaGrazia Conte, che ha scritto anche i dialoghi, e da Alberto Dragotto; io, come avrai ben capito, mi sono occupato più della parte “organizzativa”, ricerca location, abiti, attori e tutto ciò che concerne il lavoro sporco… sì, lo ammetto, mi sono occupato anche della sezione economica, riuscendo ad accontentare un po’ tutti.

D: Un limite, a livello realizzativo, può essere riscontrato nella resa un po’ discontinua degli interpreti, con alcuni di loro che si sono calati più spigliatamente nella parte e altri che arrancano un po’. Come si è svolto il casting? Siete comunque soddisfatti dell’impegno profuso sul set?
Angelo Marotta: Qualsiasi critica riguardi il film o gli interpreti, naturalmente deve essere addebitata a me, visto che oltre a esserne autore ne sono il regista. Detto questo sono stati fatti dei provini per alcuni attori e presi a prescindere altri, che erano e sono tutt’ora nostri amici, ma che comunque nel loro passato avevano avuto esperienze televisive e teatrali; sì, è vero, il discorso attoriale è un grosso limite, mi trovi concorde; tuttavia, come ti dicevo poc’anzi, la mancanza di danaro ha fatto sì che questo limite fosse amplificato ulteriormente, nulla togliendo agli attori che si sono impegnati al massimo per sopperire a tutte le mie richieste… a volte riuscendoci e a volte no.
Insomma, visto il budget utilizzato siamo contenti del prodotto finale, a volte pensiamo che avremmo potuto fare qualcosa di più, ma ormai i giochi sono fatti, il prodotto è quello e indietro non si torna… ad esempio io, a prodotto finito e ormai distribuito, alcune cose le avrei volute cambiare.

D: Cosa puoi dirci, Angelo, del lavoro di post-produzione, comprendente anche didascalie e altri interventi in digitale?
Angelo Marotta: Il lavoro di post-produzione è stato interamente affidato ad Alberto Dragotto, il quale, con grossa fatica e impegno, è riuscito a colmare tantissime lacune dovute alle ambientazioni, agli effetti sonori, e come hai notato anche tu, tramite appositi programmi come After Effect ha aggiunto un sacco di cose in digitale; a parer mio è stato fatto un eccellente lavoro. Sinceramente mi chiedo se un giorno potrò mai contraccambiare il lavoro che lui ha fatto per il Docu-Film, mettendoci anima e corpo. Diciamoci la verità, se questo prodotto ha visto la luce il merito è suo almeno in parte… se non tutto.

D: Per finire, che genere di circuitazione ha avuto finora Il Demonio di Rimondeto? Sei tuttora concentrato sulla divulgazione del vostro lavoro, Angelo, o sei già alle prese con qualche nuovo progetto?
Angelo Marotta: Intanto abbiamo fatto la prima, la seconda e la terza, tutte serate sempre esaurite, con oltre 150 persone a serata. Poi lo abbiamo proiettato nelle scuole, nella biblioteca comunale e a Luglio sarà presentato a due feste qui nei dintorni.
Da Agosto in poi, visto che sono stati realizzati i sottotitoli in inglese da Dario Moretti, il prodotto partirà per alcuni cinefestivals europei, nella speranza che venga notato anche al di fuori del suolo italico.
Lasciami finire ringraziando tutte le persone che sono state con me in questa avventura: Alberto Dragotto, Gianmarco Pandolfini, Verdiana Breschi, Sara Lenardoni, Alessandro Moriccioni, Anna Grazia Conte, Alessandro Calonaci,Luna Lensi e Alessio Ballerini.
E poi tutti quelli che per mancanza di tempo non ho citato, ma che ringrazio dal profondo del cuore per avermi aiutato a realizzare un piccolo sogno. Grazie.

Stefano Coccia

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