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Intervista a Iaia Forte

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L’Arte di cambiare pelle

In questi giorni è tra le protagoniste de La prima pietra di Rolando Ravello. È stata la Trumeau delle terrazze romane ne La grande bellezza, ma Iaia Forte ha una lunga e onorata carriera alle spalle. Ha esordito sul palcoscenico con Toni Servillo, continuando a lavorare, di anno in anno, con i grandi da Mario Martone a Federico Tiezzi, da Luca Ronconi a Valerio Binasco, passando per Emma Dante. Non si è mai risparmiata nei ruoli, dando corpo anche a uomini com’è avvenuto con Tony Pagoda dal romanzo di Paolo Sorrentino “Hanno tutti ragione”. Lo scorso giugno, al Festival MIX Milano di Cinema Gay Lesbico e Queer Culture 2018 è stata decretata Queen of Comedy ed è stato proprio in questa circostanza che l’avevamo incontrata.

D: Quale valore ha per lei questo premio?
Iaia Forte: Sono felicissima di averlo ricevuto perché sono certa che mi sia stato attribuito non soltanto per i meriti artistici, ma anche quale riconoscimento di quello che ho cercato sempre di fare nel mio lavoro e cioè affermare il mio me fino in fondo.

D: A proposito di identità: cos’è per lei?
I.F.: Consiste nella libertà di affermare il proprio sé qualunque esso sia. L’identità non è ciò che viene proiettato dagli altri, corrisponde a quella che tu ascolti interiormente e affermi.

D: Non ha mai dovuto censurarla?
I.F.: Sono stata molto fortunata perché ho partecipato a progetti anche eversivi, i quali non solo mi hanno assecondata, anzi forse mi ci sono imbattuta proprio per via della mia eccentricità, sono quelli che ti stimolano maggiormente, non per amore della provocazione, ma, proprio perché meno conformi, sono più interessanti.

D: Durante lo spettacolo “Carmen” (regia di Martone) in cui interpretava la protagonista spiccava questa battuta: «non posso esser stata altro che me stessa così come Napoli non può esser stata altro che se stessa». Quanto le appartiene?
I.F.: Tanto. Ho sempre protetto e spudoratamente sostenuto la mia individualità, qualunque essa sia, sghemba, diversa e, al contempo, ho cercato di non farmi ingabbiare in idee conformiste. Credo fortemente che se facciamo bene il nostro lavoro non c’è bisogno di impugnare i mitra, basta farlo bene fino in fondo e diventa un atto politico. Ho sempre creduto nelle manifestazioni personali del proprio talento, mi interessa più un attore che coniuga tecnica e maestria col racconto del proprio universo.

D: Proprio perché lei è riuscita in questo: come si fa a non cadere nel rischio dell’egocentrismo?
I.F.: Secondo me non si crea quando compi un determinato percorso. Io sono stata abituata a lavorare nei collettivi e ho sempre creduto in questo lavoro come il trionfo dell’arte comunitaria per cui l’ego è presente poiché è insito nel mestiere ed è speculare alle insicurezze e agli sprofondi di sé; però, se lavori con persone intelligenti, ti accorgi subito che le priorità sono altre.

D: Nel testo originale di Lina Prosa, “Cassandra on the road” (lo ha portato in scena in prima assoluta allo Spazio Teatro Noh’ma di Milano 20 e 21 giugno 2018, nda), veniva più volte ripetuta la parola crisi. Cosa crede che sia in crisi sul piano artistico e sociale?
I.F.: Tutto. In questo momento storico in Italia sono in crisi valori come libertà e diversità. Noi artisti abbiamo l’obbligo di continuare ad affermare la nostra specificità, dobbiamo essere portatori di sane ribellioni.

D: Nella sua carriera c’è stato un personaggio o un incontro che l’ha messa particolarmente in crisi facendola mettere in discussione?
I.F.: Direi molti perché quando affronti dei grandi personaggi non puoi che mettere in crisi non soltanto la tua capacità artistica, ma l’intera esistenza poiché sono mondi di pensiero enormi con cui ti relazioni. Si dice che in cinese la parola crisi sia intesa sia nella sua accezione negativa che come opportunità di miglioramento e io ci credo molto: le crisi ci tolgono dalle pantofole!

D: Guardando ai prossimi impegni, nella pièce scritta e diretta da Cristina Comencini, “Tempi nuovi”, interpreta una borghese. Cosa pensa di aver dato?
I.F.: È il ruolo più esotico che abbia mai fatto [ride]. Mi sono molto divertita, divido il palco con Ennio Fantastichini (purtroppo recentemente scomparso. Sarà Maurizio Micheli a fare la tournée 2018-2019; completano la compagnia Sara Lazzaro e Nicola Ravaioli, nda) che conosco da trent’anni e poi fare la commedia a teatro è davvero spassoso. Come dice Cristina: «ho scelto due attori non borghesi», quindi, forse, le abbiamo dato i nostri bilichi che hanno aggiunto nuances diverse a quell’atmosfera.

D: Lei ha avvertito una differenza tra la scrittura femminile e quando, invece, si è rapportata a un autore?
I.F.: Sinceramente penso che siano ideologie, non farei divisioni di genere; ci sono degli uomini che riescono a captare benissimo, un esempio è per me Pappi Corsicato, il quale ha una capacità di cogliere il femminile nella sua essenza più misterica. Mi piace notare le differenze tra gli esseri umani più che tra gli uomini e le donne.

D: Considerando la sua esperienza anche in ambito registico e nell’adattamento drammaturgico, esiste un aspetto dell’essere donna oggi che vorrebbe raccontare con un suo spettacolo?
I.F.: Adoro fare le ribelli, ma per passione esistenziale. Mi piacerebbe dar corpo a figure come Maria Antoinette o una regina; allo stesso tempo ritengo che un personaggio sarebbe monolitico e bidimensionale se raccontasse un solo lato, deve essere sempre composto da varie pulsioni perché narra ciò che lo spettatore vuole proiettarci dentro.

D: Cosa ritiene, invece, che non sia stato ancora colto di lei?
I.F.: Mi ritengo abbastanza fortunata, anche grazie alla mia vocazione di sfuggire ai cliché è arrivato tanto di me. Aspetto di vedere che cosa può essere ancora raccontato perché, quando incontri un regista che ha una sua visione, spesso ti svela qualcosa che non sai di te. Ho fatto delle scoperte esistenziali attraverso i personaggi, per citare una circostanza: quando ho lavorato con Carlo Cecchi in “Misura per misura” dando vita a una suora, ho colto una dimensione fanatica che non avevo mai esplorato. Questa professione sarebbe svuotata di ogni senso se, ogni volta in cui affronto un ruolo, non diventasse territorio di esplorazione di esistenze sconosciute a me e di me.

D: Martone al Bif&st 2018 ha affermato: «arriva un momento in cui devi sbagliare anche con le proprie mani; i maestri devono essere una luce e una strada, non devono tapparti le ali». Com’è stata la sua esperienza?
I.F.: Ho sempre avuto una natura tendenzialmente filiale e ho avuto l’opportunità di incontrare dei grandissimi maestri in ogni settore; però ho capito che più il maestro è veramente tale e più forte è il suo lavoro affinché ti svezzi da lui.

D: Secondo lei le nuove generazioni non si devono sentire orfane di maestri?
I.F.:Credo che ora ce ne siano meno anche in rapporto a una struttura produttiva che ha un po’ degenerato dei meccanismi teatrali, spesso si realizzano dei progetti per la scena senza alcun pensiero, montati su attori del piccolo schermo (non intende chi fa tv e viene dalla gavetta, ndr). Io non ho mai abbandonato uno spettacolo per fare un film; ho rinunciato a lavori cinematografici per fare teatro. Il teatro è una pratica che va coltivata costantemente e il sistema produttivo italiano attuale non permette ai giovani e agli sperimentatori di esprimersi.

D: Iaia, lei ha aderito a Dissenso Comune, come si fa a comunicare agli altri l’onestà di questo movimento e perché, a suo parere, è nato ora?
I.F.: È sorto perché ci sono state una serie di congiunzioni astrali che hanno permesso che nascesse, con questioni che sono venute a galla, a partire da Weinstein. L’intento è assolutamente onesto, è un movimento che, più che per noi attrici, può essere esemplare per tutte quelle donne che si sentono molestate e sole in ambienti in cui è più difficile trovare voce per cui sapere che ci sono strutture che accolgono un certo tipo di protesta è confortante.

D: Rispetto ai prossimi impegni, vi anticipiamo…
I.F.:Per i milanesi: 13 e 14 dicembre allo Spazio Teatro No’hma terrà un reading “Istantanee – racconti di Katherine Mansfield” per la regia di Marco Rampoldi. Per quanto riguarda il grande schermo l’attrice ha concluso le riprese Dormiremo da vecchi dell’esordiente Fabio Resinaro e di 5 è il numero perfetto del fumettista Igort (pseudonimo di Igor Tuveri, nda). È in progetto anche una serie televisiva con Pappi Corsicato. Infine, da gennaio ad aprile 2019 sarà in tournée con “Tempi nuovi” della Comencini (tra le tappe anche il Teatro Manzoni di Milano dal 7 al 24 febbraio e l’Ambra Jovinelli a Roma dal 27 febbraio al 10 marzo, nda).

Maria Lucia Tangorra

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