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Incontro con Reda Kateb

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A Roma nonostante la pandemia

 In Francia la sua popolarità è alle stelle. In Europa ha iniziato a farsi apprezzare a seguito di due lungometraggi passati per festival prestigiosi come Cannes e Venezia. Reda Kateb, 43 anni, nato a Ivry-sur-Seine in Francia ma di chiarissima origine algerina, ha scelto di intervenire anche a Roma per presentare The Specials – Fuori dal comune. Nella capitale sono intervenuti anche i registi Olivier Nakache e Éric Toledano, molto apprezzati in Italia grazie al loro successo planetario Quasi amici . A Casa Alice abbiamo avuto la possibilità di incontrare Kateb porgendogli qualche domanda. Esordisce con un caloroso “buongiorno” espresso nella nostra lingua prima di lasciare spazio alla sua interprete. “Sono molto contento di essere qui vista l’attuale situazione che stiamo vivendo – ci racconta con vistosa emozione – è un appuntamento che non volevo mancare visto che mi piace molto il vostro paese”.

D: Il tuo personaggio in questo film si chiama Malik, com’è stato interpretarlo?
R.K
.: Mi sono completamente calato nella parte arrivando ad incontrare l’uomo dal quale è ispirato questo personaggio. Abbiamo girato in una vera clinica e, a volte con dei veri ragazzi affetti da autismo che sono diventati attori per un giorno. Avendo questa possibilità ci siamo confrontati con gli educatori e uno di loro era l’uomo che avrei dovuto sostituire nella pellicola. Parlando con lui ho captato tutta la sua integrità, la sua grinta, la sua energia, elementi che lo spingono ad andare avanti nel lavoro che fa. Ho fatto miei questi elementi lasciando che il suo carattere entrasse dentro di me. Lo stesso vale per quei ragazzi. Avevano degli sguardi compassionevoli. Il mio compito è stato quello di riportarli sullo schermo mentre giravamo.

D: In questa occasione sembra che tu reciti un ruolo molto diverso da quelli che hai intrapreso finora.
R.K.: Mi piace sperimentare nuove parti. Queste persone sono educatori, infermieri e pazienti. Volevo vivere questo film quanto più profondamente possibile. I miei ultimi ruoli sono stati un agente di polizia (Fratelli Nemici) e un comandante della Marina Francese (Wolf Call). Quando mi è stata proposta questa possibilità di interpretare un personaggio con uno stereotipo totalmente diverso da quelli incorporati finora ho accettato subito.

D: Com’è stato lavorare su questo film?
R.K.: Emozionante. Sin dal principio sapevamo che era un film che avrebbe fortemente smosso le coscienze e così infatti è stato. In Francia è uscito nelle sale a ottobre dell’anno scorso. Dopo il successo ottenuto nei cinema siamo stati anche invitati a vederlo sia al Parlamento francese sia all’Eliseo dal Presidente Macron. E’ una pellicola che segnato fortemente l’opinione francese ed è stato anche l’impulso per migliorare il nostro sistema sanitario. Poi, subito dopo, è arrivata la pandemia.

D: Dopo questa esperienza come ti senti?
R.K.: Contento… perché è stata l’occasione di dare voce a chi la voce o non ce l’ha oppure viene completamente ignorata. Eric e Olivier hanno fatto un lavoro eccezionale. Hanno scelto le persone fragili, gli ultimi. Loro li hanno definiti “L’oro di Parigi” ed è curioso perché mentre venivamo in Italia abbiamo guardato in volo L’oro di Napoli (regia di Vittorio De Sica, film del 1954). Ovviamente non c’era quella stessa “cattiveria” e durezza del film italiano, ma abbiamo trovato delle analogie che ci hanno accompagnato per tutto l’arco della produzione.

Stefano Berardo

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