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Illegittimo

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VOTO: 7

Non è mai troppo tardi per cambiare idea

L’equilibrio di una tranquilla cena di famiglia fra il padre Victor Anghelescu e i figli Cosma, Gilda e i due gemelli Sasha e Romeo, viene presto rotto dalla scoperta di un’ombra nel passato del medico pater familias. Sotto la dittatura di Ceaușescu, Victor impedì a molte donne l’aborto, sia per motivi legali che per le sue convinzioni morali. I principi del patriarca, in linea con quelli del regime, cozzano con gli ideali dei figli, cresciuti in uno stato libero. Ma vi è un segreto ancor più scioccante all’interno della famiglia Anghelescu, che costringerà tutti i suoi membri a rivedere le proprie opinioni.
Leggendo la trama di Illegittimo (Ilegitim) di Adrian Sitaru, presentato nell’ambito della personale che il Bergamo Film Meeting ha voluto dedicare al cineasta romeno nella sua 36esima edizione prima dell’uscita nella sale con Lab 80 il 22 marzo, non possono non risuonare nella mente le parole di James Russell Lowell: “Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione.” Parole sagge, quelle del poeta e critico letterario statunitense, che oggi come ieri sottolineano con forza quanto la vita di tutti i giorni ci metta davanti a situazioni o a decisioni da prendere capaci di farci cambiare prospettiva, addirittura ribaltandola. Ed è quello che saranno costretti a fare, in un modo o nell’altro, gran parte dei personaggi che animano la storia al centro della pellicola, una storia che si alimenta di conflitti familiari, scontri ideologici e passioni proibite, ma che essenzialmente ruota su due quesiti dal peso specifico piuttosto elevato ed estremamente complessi: Che cosa è morale? Che cosa è legale, all’interno di una famiglia?
Ovviamente Sitaru, vista la vastità dei temi in questione, non avrebbe mai potuto fornire delle risposte esaustive ai suddetti quesiti, ma questo sicuramente il cineasta romeno lo sapeva sin dall’inizio. Di conseguenza, l’unica cosa fattibile e sensata da fare era quella di interrogare e interrogarsi nei minuti a disposizione su quei temi in maniera circoscritta, senza avventurarsi in pericolose elucubrazioni o dibattiti e così è stato. E per farlo ha riunito in due camere e una cucina un gruppo di attori al quale ha affidato l’ingrato compito di confrontarsi/scontrarsi fisicamente e verbalmente, trasformandolo in una sorta di laboratorio dove condurre un esperimento sociale circoscritto fra quattro mura. E a conti fatti, anche se il rischio di uscirne con le ossa rotte era molto alto, Sitaru se l’è cavata uscendone indenne, trovando la chiave drammaturgica e narrativa, ma anche la messa in quadro giuste. Forse quest’ultima non soddisfa pienamente da un punto di vista qualitativo, ma risulta in linea e in sintonia con il disegno complessivo messo in piedi dall’autore. Un disegno che in Ilegitim prevede un processo creativo all’insegna dell’ibridazione e della libertà espressiva, dove documentario e fiction arrivano a fondersi mescolando il linguaggio del primo con l’improvvisazione attoriale dall’altra. La voluta assenza di uno script alla quale appoggiarsi ha messo a dura prova sia il cast che la crew, ma le capacità messe in campo da entrambi i lati hanno permesso al film di prendere forma e sostanza, facendo di Ilegitim un corpo estraneo all’interno della filmografia di Sitaru, diversissimo da quanto fatto prima (vedi Hooked o Domestic) e immediatamente dopo (Fixeur).
Ma non c’è dubbio che l’analisi dell’operato di Sitaru per quanto concerne questo film deve passare più per i contenuti che per la forma, con l’estetica che, seppur funzionale, giocoforza deve essere relegata in secondo piano a favore di uno studio più attento del detto. I dialoghi, le interazioni tra i personaggi di volta in volta chiamati in causa e ciò che ne emerge, sono a tutti gli effetti il cuore pulsante del racconto. Per evitare spoiler non vi riveleremo però qual è il segreto scioccante che provocherà l’apertura del Vaso di Pandora, ma possiamo dire che è una distesa di carboni ardenti sulla quale è facile bruciarsi. Proprio questo coraggio di camminarci sopra è ciò che abbiamo apprezzato più di ogni altra cosa. Un coraggio che ha caratterizzato sin dagli esordi la produzione di un regista, tra i più impegnati e continui della nuova onda romeno, che non ha mai avuto problemi a sporcarsi le mani e che nello specifico di Ilegitim gli ha permesso di affrontare di petto e senza remore un tema scomodo come l’aborto.

Francesco Del Grosso

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