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Il confessionale

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VOTO: 7.5

La debita distanza

Se, per un giovane filmmaker, avere una buona idea di partenza è già cosa non propriamente facile, la faccenda è certamente destinata a complicarsi nel momento topico della realizzazione concreta del film breve. A Davide Pompeo, poco più che trentenne regista de Il confessionale, sono riusciti entrambi gli aspetti; perciò il suo cortometraggio potrebbe assurgere al grado di esempio per tutti coloro, in prevalenza giovani, che intendono gettarsi in un’avventura del medesimo tipo.
Encomiabile e controcorrente l’idea di ambientare il proprio film nell’Abruzzo del 1943, in pieno periodo di resistenza all’occupatore nazista. Segnale inequivocabile che determinati frangenti della nostra Storia non vogliono e non devono essere dimenticati. Più che un omaggio a persone che si sono battute per la nostra libertà futura, Il confessionale diventa gradatamente – lungo i suoi dieci minuti di durata – un veemente atto d’accusa contro uno dei peggiori mali della mentalità italiana, sia a livello dirigenziale che di pensiero comune: l’inesorabile tendenza al cosiddetto “cerchiobottismo”. Scelta pilatesca eseguita ignorando del tutto l’idea che, soprattutto in un contesto storico come quello narrato dal film, ci sia una parte giusta ed un’altra sbagliata, un torto ed una ragione solarmente evidenti. Pervaso da un gusto per il paradosso che scorre nemmeno troppo tra le righe della sceneggiatura, Il confessionale mette in scena una sorta di kammerspiel con tre personaggi principali inseriti in una cornice che rappresenta già di per sé una dichiarazione di intenti, cioè l’interno di una chiesa. Dove un prete ospita un giovane partigiano ferito, scampato ad uno scontro armato con i tedeschi che ha visto perire il fratello del giovane, comprensibilmente bramoso di vendetta. Parroco e resistente si interrogano sulle motivazioni delle rispettive “missioni”, non trovando mai un punto d’incontro. Il ragazzo, armato di pistola con un solo proiettile, fa per andarsene quando in chiesa arriva un ufficiale tedesco accompagnato da due soldati. Siamo allo snodo centrale del cortometraggio: nel tentativo di occultarsi alla vista dei nazisti il giovane si nasconde nel confessionale, dove l’ufficiale – evidentemente cattolico praticante – scambiandolo per il prete gli racconta nel dettaglio il misfatto dello scontro a fuoco che ha visto protagonista anche il ragazzo nonché provocato la morte di suo fratello.
Invitiamo alla visione de Il confessionale (in calce all’articolo, nell’apposito spazio) lo spettatore curioso del finale. Quello che resta, oltre ad una condanna chiara e netta verso la visione della violenza come unico (?) modo di risolvere le diatribe umane, è un indice puntato, con estrema cognizione di causa, verso l’ipocrisia della presunta “terzietà” ecclesiastica, la stessa che nel corso dei decenni ha portato la Chiesa di Roma ad offrire il proprio appoggio alle più sanguinose dittature di destra nel nome di una battaglia nemmeno troppo sotterranea contro l’ideologia considerata come autentica nemica, quella comunista. Peraltro esplicitamente evocata dal prete nella prima fase del dialogo con il partigiano. Merito principale del lavoro di Davide Pompeo è stato comunque quello di mantenere un’ammirevole equidistanza da un materiale narrativo che si prestava, per l’appunto, a diverse trappole di tipo ideologico. In tutta evidenza lo scarto temporale dai fatti narrati può aiutare, ora come ora, ad analizzarli con maggiore lucidità, priva di spirito di fazione. Ben consapevoli, comunque, che la simbolica bilancia della giustizia ideale non potrà mai pendere dalla parte di coloro che vagheggiavano di un dominio coatto sul resto del mondo, con conseguente estinzione di razze e religioni ritenute “avverse”. Ciò premesso Il confessionale si fa ampiamente perdonare un’impostazione iniziale magari sin troppo teatrale – recitazione compresa – attraverso un epilogo, dal gusto tanto acre quanto purtroppo molto verosimile nell’essenza, in assoluto degno della tradizione del nostro miglior cinema civile. E, per un cortometraggio d’esordio, ci pare particolare affatto trascurabile, al netto dei (meritati) riconoscimenti che Il confessionale sta tuttora ottenendo a due anni dalla sua realizzazione.

Daniele De Angelis 

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